Versamento da parte del datore di lavoro di contributi previdenziali non dovuti:

Scritto da Marco Pescarollo

le diverse soluzioni seguite dall'INPS e dall'INAIL nella restituzione dei premi indebitamente incassati

Con questo mio contributo voglio richiamare l'attenzione sul problema del diritto al rimborso delle somme indebitamente versate dai datori di lavoro agli enti previdenziali, somme che costituiscono un indebito oggettivo e che dopo la sentenza della Cassazione n. 4170 del 6.5.1996 trovano attualmente una diversa e, a mio avviso, irragionevole disparità di trattamento nella disciplina dei termini prescrizionali per la restituzione delle somme indebitamente incassate, a seconda che la ripetizione debba essere operata dall'INAIL o dall'INPS

Le fattispecie in questione riguardano i casi in cui il datore di lavoro si trovi a versare all'INPS o all'INAIL maggiori somme rispetto a quanto dovuto o addirittura non dovute affatto.

La Cassazione nella sentenza n. 4170 del 6.5.1996, riguardante la richiesta del mancato riconoscimento di sgravi contributivi ad un imprenditore, ha riconosciuto la natura di indebito oggettivo di tali somme e la conseguente prescrizione del diritto a ripetere tali somme nel termine ordinario decennale di cui all'art 2946c.c., escludendo nel contempo che in tali ipotesi potesse trovare applicazione l'art 8 del Dpr 818/1957 in quanto norma eccezionale, fino a quel momento invocata dall'INPS per limitare il diritto alla ripetizione dell'indebito entro i cinque anni dalla data in cui il versamento era stato effettuato

Secondo tale art 8 comma primo del Dpr 26.4.1957 n. 818 i contributi o le quote di contributi indebitamente versate, per le quali l'accertamento dell'indebito versamento sia posteriore di oltre cinque anni alla data in cui il versamento stesso è stato effettuato, rimangono acquisiti alla singola gestione e sono computabili agli effetti del diritto alle prestazioni o della misura di esse

Nel caso analogo in cui l'imprenditore ottemperando agli obblighi in materia presenti denuncia all'INAIL dei lavori ex art 9 DM 18.6.188 in cui indichi... tutti gli elementi, notizie, e le indicazioni necessarie all'INAIL per classificare l'attività dell'impresa e quindi applicare il tasso di premio che l'imprenditore dovrà versare all'ente previdenziale e in sede di classificazione l'INAIL, erroneamente, classifichi l'attività svolta dall'impresa con attribuzione di una classificazione più rischiosa e quindi maggiormente costosa, si pone il problema di individuare i rimedi apprestati dall'ordinamento a favore dell'imprenditore per ottenere la corretta classificazione e l'eventuale rimborso delle maggiori somme versate.

La norma utile a tale scopo, escluso per il carattere di eccezionalità l'art 8 del Dpr 818/1957, è l'art 14 del DM 18.6.1988 intitolata Istanze di riclassificazione per cui il datore di lavoro può presentare istanza di rettifica della classificazione e della tassazione operate dall'INAIL, fornendo la prova che i lavori sono stati erroneamente classificati e tassati. In caso di accoglimento dell'istanza, il relativo provvedimento ha effetto dalla data in cui doveva essere applicata l'esatta classificazione e tassazione.

L'effetto restitutorio conseguente al provvedimento dell'INAIL di accoglimento della riclassificazione pare però scontrarsi con una irragionevole interpretazione dell'INAIL in materia di prescrizione.

A monte di tale interpretazione ritengo ci sia una ancora non chiara presa di posizione da parte dei giudici di merito sulla natura dei premi INAIL.

Infatti da una parte la Cassazione nella sentenza delle S.U. n. 916 del 3.2.1996, riguardante l'ipotesi, diversa e a mio avviso complementare, della prescrizione del credito dell'INAIL per premi di assicurazione verso i datori di lavoro, ha affermato che i premi INAIL non possono essere più essere considerati premi assicurativi e quindi sottoposti alle regole di prescrizione in materia di assicurazione ma devono essere considerati contributi assicurativi e sottoposti alle norme generali in tema di prescrizione per cui questa sentenza conclude statuendo che la prescrizione del credito dell'INAIL verso i datori di lavoro avente ad oggetto i premi di assicurazione, ai sensi dell'art 112 comma due DPR 1124/1965 ha attualmente durata decennale..

Questa qualificazione dei premi INAIL, in linea peraltro con la dottrina prevalente dovrebbe a mio avviso portare l'interprete alla ricerca di soluzioni comuni per le questioni identiche quali la ripetizione di contributi indebitamente versati dai datori di lavoro agli enti previdenziali

La ricerca unitaria risulta peraltro difficile, considerato che nella successiva sentenza 2646 del 26.3.1996 la Suprema Corte afferma che nell'assicurazione INAIL, ai sensi dell'art 1886 c.c., si applicano, in difetto di norme speciali, le disposizioni del c.c. in materia di assicurazione ivi compreso l'art.1897 c.c. secondo cui le circostanze sopravvenute che comportano una diminuzione del rischio assumono rilevanza solo dopo che siano state portate a conoscenza dell'assicuratore.

Comunque tale pronuncia oltre a rappresentare un orientamento non condiviso dalla dottrina prevalente, può essere disattesa dall'interprete considerando che l'art 1897 c.c. non può trovare applicazione al caso dell'errore dell'INAIL nella classificazione delle attività lavorative (correttamente) denunciate, considerando che non siamo in presenza di circostanze sopravvenute.

La giurisprudenza di legittimità si è pronunciata più volte sulla ipotesi,opposta a quella oggetto della mia ricerca, di errata denuncia dei lavori presentata dal datore.

In tal caso seconda Cass. 28.8.1996 n. 7905, la denuncia dei lavori effettuata dal datore è qualificabile come dichiarazione di scienza e non di volontà finalizzata a fornire all'INAIL i dati per la determinazione del premio e conseguentemente tale denuncia rende legittima l'imposizione contributiva e in caso di errore del datore a questo resta solo la possibilità, tramite nuova denuncia, di chiedere l'applicazione del nuovo premio senza alcuna possibilità di ripetere le somme corrisposte in eccesso.

Tale sentenza richiama a suffragio della tesi altre precedenti pronunce (3058 del 11.4.1990, 2360 del 5.3.1987, 1072 del 4.2.1987 , 4983 del 28.8.1980) ed è stata di recente confermata dalla sentenza del 25.10.1997 n. 10519. che nega la ripetibilità sia sotto il profilo dell'indebito oggettivo che dell'azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c.

Ma se il problema non è quello del nuovo assetto del rischio da tutelare, né quello della correzione dell'errore operato dall'imprenditore in sede di denuncia delle attività esercitate ne deriva, a mio avviso, che il problema dell'errore dell'ente previdenziale nel conteggio dei contributi dovuti dal datore deve trovare una identica soluzione sia per i contributi INPS che INAIL e che tale risposta si trovi solo all'interno dell'istituto dell'indebito oggettivo e della prescrizione .

Se l'istituto previdenziale applica erroneamente una contribuzione superiore a quella dovuta si trova quindi a trattenere senza titolo le somme corrispondenti.

Inoltre dal momento che tali somme costituiscono premi (rectius contributi) indebitamente trattenuti dall'ente previdenziale e chiarito che a tale tipo di indebito oggettivo non è applicabile per il carattere di norma eccezionale l'art 8 del dpr 818 del 26.4.1958 si tratta di confutare anche la prassi attualmente seguita dall'INAIL che pretende di applicare al caso in esame l'art 3, comma 9 e 10 della L. 355/1995, limitando l'effetto restitutorio di cui al sopracitato art 14 del DM 18.6.1988 ai cinque anni anteriori alla data di presentazione dell'istanza di rettifica all'INAIL invece che estenderlo a 10 anni come prescritto dall'art 2946 cc, norma applicabile all'istituto dell'indebito oggettivo.

La legge 335 del 8.8.1995 e gli artt. 9 e 10 hanno innovato la disciplina della prescrizione dei crediti contributivi.

La nuova regolamentazione evidenzia uno spiccato favore nei confronti dei soggetti passivi del rapporto contributivo (datori), del quale è chiara dimostrazione, anzitutto la drastica contrazione dei termini, che vengono decurtati di quasi due terzi rispetto alla normativa previgente ( F. Mastrangeli C.A. Nicolini La Contribuzione Previdenziale UTET 1998 p.276).

Introducendo un divieto di adempiere agli obblighi contributivi prescritti la norma in questione tutela il debitore dal momento che col decorso del tempo si verifica una vera e propria estinzione ex lege del rapporto contributivo, per cui l'ente previdenziale non può più far valere il suo credito contributivo nei confronti del datore.

Appare perciò del tutto viziata l'interpretazione sostenuta dall'INAIL di applicazione tali norme alla diversa ipotesi della ripetizione di contributi indebitamente versati, poiché in tale seconda ipotesi siamo al di fuori del rapporto contributivo non essendo mai sorto – per l'errore dell'ente previdenziale di classificazione - il credito contributivo e perché il risultato di applicazione di tale norma all'ipotesi di indebito versamento di contributi va contro la ratio degli artt. 3 comma 9 e 10 della L.335/1995 così come illustrata dalla dottrina.