La soluzione delle controversie su internet

Per introdurre il tema di cui parlerò è necessario precisare un elemento che non traspare dal titolo del mio intervento: ciò di cui mi occuperò sono gli strumenti di soluzione delle controversie su internet alternativi alla giustizia ordinaria. Lo scopo del mio intervento sarà quindi quello di offrire una panoramica introduttiva dell'applicazione alle controversie su internet dei metodi che nella prassi internazionale vengono definiti di ADR (Alternative Dispute Resolution), di esperienze già esistenti in tal senso e di proposte attualmente allo studio.

L'espressione "soluzione delle controversie su internet" può richiamare due differenti significati: la soluzione delle controversie di internet, laddove internet è inteso in senso territoriale, come l'ambito di possibile contenzioso; oppure, la soluzione delle controversie con internet, in senso strumentale, per cui internet è il mezzo tecnologico attraverso il quale dirimere le controversie.

Le soluzioni di cui parlerò abbracciano entrambi i significati: si tratterà quindi di metodi alternativi di soluzione attraverso internet delle controversie riguardanti internet.

Da cosa nasce l'esigenza di ricorrere a metodi alternativi alla giustizia ordinaria per risolvere le controversie riguardanti internet?

Possiamo trovare una primo approccio nel ripercorrere le linee guida di uno dei primi progetti di soluzione delle controversie su internet attraverso metodi alternativi alla giustizia ordinaria. Si tratta dell'esperienza di Virtual Magistrate (V-Mag), un working group promosso nel 1996 da alcune istituzioni universitarie statunitensi di concerto con l'American Arbitration Association, che cominciò ad approfondire le problematiche connesse all'applicazione della giustizia ordinaria alle controversie scaturite su internet e concepì un sistema alternativo di risoluzione delle controversie1.

Il sistema V-Mag si sviluppa prendendo in esame esclusivamente questo schema tipico di controversia: il denunciante A lamenta che il soggetto B ha immesso in un sistema o un server gestito dall'operatore di sistema2 C, un messaggio o un file dal contenuto illecito (violazione di diritti di proprietà intellettuale o industriale, divulgazione di informazioni riservate, diffamazione, atti di concorrenza sleale...); A chiede che tale contenuto venga rimosso dal sistema gestito dall'operatore C.

Vi è un caso paradigmatico, ormai divenuto punto di riferimento in materia: si tratta di Religious Technology Center and Bridge Publications Inc. vs. Netcom Online Communication Services Inc. et al.3 , controversia più familiarmente nota come il "caso Scientology".

Un ex ministro della chiesa di Scientology, sig, Erlich, aveva immesso nel gruppo di discussione di Scientology (alt.religion.scientology) propri messaggi di critica nei confronti della chiesa stessa, riportando brani interi di alcuni scritti di Ron Hubbard, fondatore della chiesa di Scientology, del cui copyright erano titolari Religious Technology Center e Bridge Publication. I messaggi vennero pubblicati e con essi anche le riproduzioni dei brani tutelati. Di conseguenza i titolari di tali scritti intravvidero una violazione dei diritti di riproduzione di tali opere da parte di Erlich, il quale però aveva ottenuto l'accesso a internet da una BBS, la quale a sua volta accedeva alla rete attraverso Netcom Online (uno dei provider più grossi negli USA).

I titolari delle opere1 tentarono invano di convincere l'autore a ritirare il contenuto immesso; 2 poi si rivolsero al titolare della BBS perché interrompesse l'accesso al proprio sistema da parte di Erlich: la risposta fu negativa, in quanto il titolare della BBS non aveva alcuna prova della titolarità del copyright in capo agli attori; 3 Netcom pure si rifiutò di assecondare la richiesta degli attori, sostenendo di non avere la possibilità di controllo preventivo sui contenuti di Erlich e che rifiutare l'accesso a lui avrebbe significato dover entrare nel merito dei contenuti di centinaia di altri utenti che avevano l'accesso al sistema e se del caso rimuovere. Gli attori chiamarono in causa anche gli operatori di sistema che davano accesso a Erlich4.

E' certo che in generale, perlomeno fino a che non vi sia un provvedimento dell'autorità giudiziaria che vincoli a determinati adempimenti, l'operatore di sistema che sia messo a conoscenza di essere veicolo di diffusione di contenuti che danneggiano un certo soggetto, si trova di fronte ad un dilemma5. Avendo la possibilità tecnica di rimuovere il contenuto dannoso, la decisione di non fare nulla potrebbe essere vista come un suo accordo nel perpetuare gli effetti dannosi che discendano dal contenuto in questione. Viceversa, decidere unilateralmente di rimuovere tale contenuto potrebbe rivelarsi un abuso nei confronti del titolare del contenuto, soprattutto se, in esito ad un eventuale successivo giudizio, le doglianze del denunciante si rivelassero infondate.

Poiché il dilemma suddetto pone nelle mani dell'operatore di sistema la stessa esistenza o la cancellazione di una voce, di un soggetto nel mondo virtuale, la scelta di una delle due opzioni è quindi delicata e presuppone che l'operatore di sistema sia sufficientemente edotto delle ragioni di entrambe la parti.

L'operatore di sistema dovrebbe quindi attuare una prima fase di investigazione, di indagine, in merito alle posizioni delle parti ed ai fatti oggetto di controversia. Ciò comporta impiego di risorse, sia economiche che umane, che non tutti gli operatori di sistema possono permettersi. C'è infatti chi è in grado di dedicare uno staff legale esclusivamente a tale scopo, ma v'è anche chi si trova a dover scegliere che passo intraprendere senza poter disporre di risorse per effettuare le adeguate indagini sul caso.

Viene poi la seconda fase in cui l'operatore di sistema deve decidere che opzione scegliere. Questo appare un passo obbligato, in quanto anche la decisione di cestinare la doglianza può avere conseguenze tanto nei confronti del danneggiato, quanto aggravare la posizione del danneggiante. Si potrebbe quindi sostenere che l'operatore di sistema si trova nella posizione di chi, nel decidere se rimuovere un contenuto o lasciarlo dov'è, si trova, di fatto, a dare una risposta alle parti e quindi una soluzione alla controversia.

Lasciare tale scelta all'operatore di sistema comporta inoltre il rischio di una decisione "opportunistica" da parte dell'operatore di sistema stesso. In particolare, potrebbe influire quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'operatore di sistema è stato - in taluni casi attraverso un'indagine un po' affrettata sull'effettivo ruolo dallo stesso svolto - sistematicamente assimilato non già all' "edicolante" (inteso come soggetto puramente strumentale, senza prerogativa nè possibilità di controllo sui contenuti) 6 ma all' "editore" e perciò considerato responsabile degli illeciti commessi da chi accede tramite il suo sistema. E' infatti probabile che la scelta dell'operatore di sistema tenga conto, da una parte, del tangibile rischio di essere comunque ritenuto corresponsabile dell'illecito per non aver rimosso il contenuto, dall'altra, della possibilità di un'azione risarcitoria intentata da parte di chi sia stato "oscurato". Si potrebbe quindi ritenere che un operatore di sistema che mirasse esclusivamente a correre il rischio minore sarebbe più propenso ad optare per la soluzione più favorevole al denunciante.

Ovviamente, la decisione dell'operatore di sistema è una scelta certamente sindacabile ad opera della parte che da tale decisione si sente danneggiata, la quale avrà la facoltà di portare in giudizio anche l'operatore di sistema e veder riconosciute in tale sede le proprie ragioni anche rispetto alla bontà del scelte operate da questo (si ricordi cosa fecero Netcom e la BBS nel caso citato).

Si profila appunto una terza fase: decidere se attivare un giudizio ordinario. Il problema che si pone a questo punto per il danneggiato è di valutare il rapporto costi benefici di un'azione giudiziaria. Ricorrere alla giustizia ordinaria comporta costi non indifferenti, mentre internet è caratterizzata da numerosissime potenziali controversie in cui il valore è marginale.

Basti infatti fare questa piccola considerazione. Un qualsiasi privato che realizzi le proprie pagine web, magari utilizzando i 500K di spazio su server compresi in un ordinario contratto di accesso (dal costo mediamente molto contenuto), e le immette in rete attraverso il proprio operatore di sistema, si trova rispetto agli utenti nel medesimo rapporto in cui si trova un editore tradizionale nel mondo reale.

Ma nel mondo reale un editore tradizionale arriva al pubblico col proprio prodotto solo disponendo di risorse. Deve infatti disporre di sufficienti risorse per superare determinate barriere all'ingresso (si pensi agli investimenti strutturali iniziali) e notevoli costi di transazione (si pensi ai rapporti nella catena di distribuzione che intercorrono perché un quotidiano parta dal magazzino dell'editore ed arrivi all'edicola di Canicattì, oppure ai costi di promozione). Un imprenditore così strutturato normalmente prevede nel proprio rischio d'impresa anche la possibilità di azioni giudiziarie e relativi costi.

Viceversa, colui che dispone di sufficienti risorse economiche per pubblicare su internet un proprio contenuto, non necessariamente sarà economicamente pronto ad assumere le azioni giudiziarie che si vedessero necessarie per difendere tale contenuto. Per fare un esempio banale, uno studente che pubblichi in rete pagine web contenenti le proprie fotografie di viaggi e che successivamente riscontri che una di tali fotografie è stata illecitamente scaricata da internet e riprodotta in un sito statunitense, difficilmente avrà le risorse economiche, o magari l'interesse in rapporto al valore commerciale della fotografia, per ricorrere alla giustizia ordinaria. Al massimo invierà un messaggio di posta elettronica all' operatore di sistema interessato chiedendo la rimozione delle riproduzioni non autorizzate, ma - probabilmente - nulla di più.

La facilità di accesso allo spazio virtuale consente praticamente a chiunque di immettere contenuti in rete; per converso questo può dar luogo ad un numero ingente di potenziali controversie, di valore tuttavia marginale. Si tenga anche presente che l'immissione di contenuti in rete è alla portata anche di coloro che non necessariamente hanno un'adeguata consapevolezza di quali siano i limiti nella manifestazione del proprio pensiero o nell'utilizzazione di materiali tutelati (preparazione invece solitamente propria di chi opera professionalmente), è evidente che tale numero va ad incrementarsi anche per le diffamazioni inconsapevoli o per le involontarie violazioni del copyright o dei marchi.

Si potrebbe quindi ritenere che nelle controversie di scarso valore ovvero in quelle in cui il danneggiato non ha la possibilità economica di adire la giustizia ordinaria, l'opzione scelta dall'operatore di sistema nella seconda fase sopraindicata rischia di diventare la decisione definitiva che risolve la controversia7.

Il giudizio ordinario, inoltre, è lento. Quand'anche la parte lesa invochi l'intervento della giustizia ordinaria trascorrerà comunque un lasso di tempo tra il ricorso e un provvedimento del giudice. Nelle more del procedimento, sarà sempre l'opzione che, di fronte al proprio dilemma l'operatore di sistema sceglierà, ad influire nelle sfere delle parti. E poiché una delle principali caratteristiche della natura di internet è la rapidità con cui le informazioni viaggiano e si diffondono, un modesto ritardo nel prendere opportuni provvedimenti, che nel mondo reale potrebbe essere irrilevante rispetto alla proliferazione del danno, nel "metabolismo" della rete può rivelarsi ben più grave. Contenuti diffamatori o riproduzioni illecite di opere tutelate possono essere disseminate in ogni estremità della rete prima ancora che la giustizia ordinaria riesca a dare le opportune risposte. Ne deriva che, ancora, la decisione dell' operatore di sistema è determinante: sebbene non sia quella finale (in questo caso l'autorità giudiziaria viene adita), è senz'altro significativa rispetto alla possibilità di minimizzare il danno.)

Il dilemma dell'operatore di sistema è sostanzialmente il problema che il progetto V Mag tendeva a superare: togliere la scelta tra le due opzioni dalle mani dell'operatore di sistema per lasciarla di un organo arbitrale terzo, che disponga della competenza e delle risorse necessarie per effettuare un'attenta ed oggettiva valutazione della fattispecie, delle ragioni delle parti e che indichi all'operatore di sistema quale sia l'opzione da scegliere. Questa soluzione non precludeva peraltro il ruolo della giustizia ordinaria, innanzi alla quale sarebbero state portate le eventuali istanze risarcitorie connesse alla fattispecie8.

Il progetto V Mag prevedeva poi un'apposita procedura, gestibile completamente via posta elettronica, secondo la quale l'arbitro riceveva dalle parti le rispettive memorie e si poneva l'obiettivo di emettere il proprio lodo entro 72 ore lavorative dal ricorso; il pagamento degli onorari, importi standard quasi simbolici, poteva avvenire pure on line.

Si trattava quindi di uno strumento del tutto consensuale e negoziale, una forma di arbitrato irrituale, con procedure proprie, in cui la decisione veniva presa secondo equità. Ciò evidentemente al fine di evitare conflitti di leggi e di giurisdizioni ed offrire a coloro che si affidassero a tale soluzione alternativa uno strumento rapido e poco costoso.

Vi era poi il problema di come rendere vincolante il lodo dell'arbitro nei confronti delle parti. La soluzione ideata era quella di introdurre una clausola arbitrale nei contratti di accesso a internet che vincolava gli utenti, sottoscrivendo il contratto stesso, a deferire ogni controversia al V Mag. Questa soluzione appare tuttora forse la più logica, sebbene meno facile da realizzare. Se è vero che il contratto di accesso è il collo di bottiglia attraverso il quale chiunque deve passare per entrare nel mondo virtuale ed è quindi l'occasione più indicata per sottoscrivere tale impegno, è pur vero che una simile soluzione dovrebbe presupporre un accordo su un unico organismo (oppure su organi diversi ma tra loro correlati) al fine di evitare che due litiganti che accedano a internet con provider e contratti diversi si trovino vincolati a rivolgersi a soggetti differenti.

Il progetto V Mag è rimasto, in linea di massima, un progetto pilota, che non ha avuto effettiva e sistematica attuazione, probabilmente perché è mancato un avvio iniziale che potesse man mano consolidarne il ruolo. Tuttavia, ritengo che sia un prezioso contributo per approfondire il tema della soluzione delle controversie su internet attraverso metodi alternativi alla giustizia ordinaria.

Il progetto V Mag non è l'unica realtà in tema di metodi alternativi di soluzione delle controversie. Vediamone altre.

Un primo esempio è la Dispute Policy di Network Solutions Inc., organismo che, com'è noto, gestisce in regime di monopolio la registrazione dei nomi di dominio sotto i generic top level domains .com, .edu., .net, .org, raccolti nel registro generale denominato InterNIC. Si tratta di un sistema di composizione delle controversie che, in caso di contesa sull'uso di un determinato nome di dominio, stabilisce tra i litiganti chi sia il soggetto legittimato all'utilizzo di tale nome. Le regole della Dispute Policy sono state recentemente rinnovate con un documento entrato in vigore il 25 febbraio 19989. Tra le principali modifiche sono inclusi: il diritto per NSI di trasferire o modificare, secondo propria discrezione, un nome di dominio conteso10; l'obbligo per il denunciante di corredare la propria istanza di elementi di fatto e di diritto che comprovino che l'utilizzo da parte dell'altra parte di un certo nome configuri una violazione del marchio del primo11; il ripristino dello status quo ante rispetto al nome di dominio conteso, qualora dopo la decisione di NSI, il titolare del domain name azioni un procedimento ordinario12.

Un'esperienza di notevole interesse è quella dell'Arbitration Center del WIPO (World Intellectual Property Organization, ovvero OMPI, Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale). Com'è noto, la gestione monopolistica di InterNIC da parte di Network Solution è in scadenza. In conseguenza di ciò le maggiori organizzazioni internazionali coinvolte nello sviluppo di internet hanno siglato un protocollo, detto gTLD-MoU (generic Top Level Domain - Memorandum of Understandings) 13, che introduce una serie di nuovi domini di primo livello generici, tra cui .shop, .rec, .web, .info, ecc... Il protocollo prevede la costituzione presso la sede del WIPO a Ginevra di un organo arbitrale che decide sulle controversie relative all'utilizzo dei nomi che verranno registrati sotto i domini di primo livello generici introdotti dal MoU. La soluzione di tali controversie è affidata ad una struttura che prevede tre diversi gradi di procedure: la procedura "leggera" degli ACPs (Administrative Domain Name Challenge Panels), il cui compito è solo quello di valutare le ragioni delle parti e, in esito a ciò, di indicare alle medesime quale delle due ha maggiori diritti all'uso del nome di dominio conteso14; una seconda procedura, di Mediation15; infine, una terza, più complessa, di Expedited Arbitration, che al fine di consentire soluzioni brevi e poco costose, prevede sempre la presenza di un solo arbitro, di un termine massimo di tre giorni per le audizioni delle parti e di tre mesi per la conclusione della procedura16. Il WIPO Arbitration Center si contraddistingue anche per importanti innovazioni sul piano organizzativo: tutta la procedura viene gestita on line, mentre il sito è organizzato per fornire moduli da compilare con le doglianze che si portano in giudizio, effettuare notifiche automatiche, consentire pagamento elettronico degli onorari, fornire misure di sicurezza per la trasmissione dei documenti, utilizzare strumenti di comunicazione in real time (chat, videoconferencing..), database per archiviare gli atti17.

Ancora in tema di controversie sui nomi di dominio è da ricordare anche la procedura prevista dalla Naming Authority Italiana, organo che si occupa della definizione delle procedure operative sulla base delle quali vengono effettuate le assegnazioni dei nomi sotto il dominio nazionale di primo livello .it., gestite operativamente dalla Registration Authority Italiana. Si prevede una procedura che si tiene presso la Registration Authority, detta Processo di Pubblica Contestazione, da aprirsi a cura di una delle parti coinvolte nella disputa sull'utilizzo di un determinato nome di dominio. La Registration Authority notifica alle parti interessate l'apertura del Processo, assegnando alle medesime un termine per conciliare la controversia. In difetto, viene costituito un Comitato di Arbitrazione cui viene demandata la risoluzione della disputa18.

Così come quella italiana, la maggior parte delle naming authority nazionali prevedono apposite strutture di soluzione delle controversie riguardanti l'uso dei nomi di dominio. E' appena il caso di citare l'Alternative Dispute Resolution Service istituito da Nominet, la naming authority inglese19.

Infine va tenuto presente il progetto di ADR su internet della Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Milano, cui partecipa un tavolo di lavoro composto da CNR, Ministero di Grazia e Giustizia, Fondazione Calamandrei e Associazione Italiana Internet Providers. Il progetto è finalizzato a predisporre un foro specifico per le controversie che nascono su internet (non solo copyright, ma anche e soprattutto liti di carattere contrattuale: tra utente e provider per i contratti di accesso, acquisti attraverso commercio elettronico). Il progetto prevede una struttura completamente on line, una forma di arbitrato irrituale, con procedure proprie, di natura conciliativa, con un conciliatore unico ed a costi molto contenuti. Le parti decidono ex post, ovvero dopo che la controversia è sorta, di sottoporre la lite a tale organismo.

Alla luce delle esperienze sinora descritte, è possibile riassumere i vantaggi dell'utilizzo di metodi alternativi di soluzione delle controversie su internet che siano essenzialmente basati su metodi consensuali, irrituali, che operino secondo equità e con procedure proprie:

a) "bypassare" conflitti di leggi e di giurisdizione e problemi di armonizzazione con le regole di procedura vigenti, salvo - ovviamente - le rigidità connesse alle giurisdizioni non derogabili (prima fra tutte quella penale);

b) contenimento dei costi e quindi più allargate possibilità di accesso;

c) rapidità di intervento;

d) uso di internet e conseguenti vantaggi organizzativi20;

e) maggiore varietà di risultati possibili, grazie alla maggiore flessibilità consentita dalle soluzioni di carattere negoziale21;

f) maggiore riservatezza22;

La predisposizione di metodi alternativi è incoraggiata anche a livello istituzionale: lo stesso regolamento 318/97 in tema di servizi di telecomunicazioni prevede espressamente procedure facilmente accessibili e poco costose per la soluzione delle controversie tra utenti e organismi di telecomunicazioni (e tra organismi).

V'è anche una comunicazione della Commissione Europea in tema di promozione dell'utilizzo del commercio elettronico, che auspica l'istituzione di procedure alternative atte ad affrontare i reclami presentati dalla clientela in relazione ai servizi ed ai prodotti interessati.

In conclusione, la presente trattazione ha lo scopo di offrire alcuni spunti d'interesse sulla materia, posto che, naturalmente, i problemi giuridici sottostanti alle procedure di ADR su internet sono ancora tutti da approfondire.

Ritengo però che le soluzioni giuridiche debbano necessariamente essere trovate: in un contesto sociale sempre più orientato all'utilizzo delle reti telematiche, la strada che porta a metodi di soluzione delle controversie più rapidi, transnazionali e basati sulle nuove tecnologie si rivelerà obbligata.

Il problema, oserei dire, vero si pone a livello psicologico ed è quello tipico dell'uovo e della gallina23: le strutture di ADR su internet dimostreranno la loro utilità solo quando potranno vantare un po' di casi risolti; dall'altra parte, finché non v'è una stabilizzazione data dai precedenti, l'utente potrebbe non essere disposto ad affidare la soluzione della propria controversia ad alternative che si presentano come sperimentali.

Note

1 Le informazioni riguardanti il progetto Virtual Magistrate sono tratte dal relativo sito web http://vmag.law.vill.edu:8080/ e dal Cyberspace Law Institute Background Paper pressohttp://www.cli.org.

2 Con l'espressione "operatore di sistema" si vuole intendere il soggetto che si trova in condizione di poter esercitare un controllo sui contenuti immessi nei propri server, sia che si tratti quindi di un service o access provider, di un moderatore di newsgroup o del titolare di una BBS.

3 N.D. Cal., No. C-95-20091 RMW, 25/11/1995.

4 Il testo della decisione in parola è disponibile presso il sito della New York Law School all'URL: http://www.cmcnyls.edu/PUBLIC/USCases/NetCom.HTM

5 il dilemma dell'operatore di sistema è di D.G.POST, Dispute resolution in cyberspace: engineering a virtual magistrate system, http://www.law.vill.edu/ncair/disres/dgp2.html

6 cfr. Cubby, Inc. vs. Compuserve, Inc. 776 F. Supp. 135 (S.D.N.Y. 1991).

7 D.G.POST, op.cit., il quale rileva, con una divertente metafora, che questa situazione si ripresenta anche nella realtà quotidiana: così come l'operatore di sistema nel mondo virtuale, anche l'esercente del negozio di tintoria nel mondo reale spesso assume il ruolo di chi risolve in modo definitivo la controversia, dato che le lagnanze relative ad eventuali difetti nel servizio reso molto raramente vengono dedotte in giudizio!

8 Parafrasando una delle FAQ del sito V Mag, questa struttura decide se sia ragionevole per un operatore di sistema eliminare o sospendere la diffusione di un determinato contenuto. V Mag non decide su questioni riguardanti obbligazioni contrattuali sorte tra utenti e operatori di sistema.

9 Documento disponibile presso http://rs.internic.net/domain-info/internic-domain-6.html

10 Section 7 del documento citato in nota 9.

11 Section 8 del documento citato in nota 9.

12 Section 10(a) del documento citato in nota 9.

13 Non essendo questa la sede per approfondire questo tema piuttosto vasto, si rimanda a M.F.DOTTI, I nuovi generic Top Level Domains, Rapporto Mensile Beltel, maggio 98, Milano, pag. 105. Oppure http://www.gtld-mou.org/

14 Si vedano, più diffusamente, le Guidelines degli ACPs nella più recente stesura presso http://www.gtld-mou.org/docs/tracps.htm

15 si vedano le regole della procedura di Mediation presso http://arbiter.wipo.int/domain_name/mediation-rules/index.html

16 le regole dell'Expedited Arbitration sono disponibili presso http://arbiter.wipo.int/domain_name/expedited-rules/index.html

17 il sito del WIPO Arbitration Center si trova all'URL: http://arbiter.wipo.int/

18 Per approfondire il tema, si veda: http://www.nic.it/NA/rulesnad.html#d4

19 Per approfondimenti, http://www.nic.uk/drs.html

20 A tal riguardo, vale la pena notare che l'ostacolo a mio avviso più rilevante nella diffusione di questi strumenti è sempre stato quello della sicurezza della rete, dell'autenticità e del valore giuridico dei documenti elettronici relativi alla procedura. Si può dire che questo problema sia stato, in linea di principio, risolto proprio grazie alla portata innovativa dell'ART.15 DELLA LEGGE BASSANINI che, com'è noto sancisce la validità, a tutti gli effetti di legge, del documento elettronico, nonché del successivo regolamento concernente la firma digitale.

21 La soluzione della controversia attraverso metodi consensuali alternativi alla giustizia ordinaria consente una maggiore flessibilità nel raggiungimento di un risultato reciprocamente soddisfacente. A differenza dei rimedi ordinari, evidentemente vincolati ad una serie di fattispecie normativamente previste, una soluzione di tipo transattivo può essere in grado di meglio riflettere e conciliare i rispettivi interessi. Si prenda ad esempio il caso di controversie relative all'uso dei nomi di dominio. Due litiganti che si contendessero l'utilizzo di un medesimo nome di dominio ".com", si troverebbero di fronte a due scenari: in un contenzioso giudiziale i possibili esiti andranno, in linea generale, dal rigetto della domanda, all'assegnazione il nome ad una sola delle parti (con il divieto di utilizzo da parte dell'altra), al vincolo per una delle due parti a modificare il nome di dominio con un'espressione meno confusoria. Viceversa, in una negoziazione (attraverso un arbitrato alternativo), le possibili soluzioni saranno ben di più: oltre a quelle enunciate, le parti potranno, per esempio, chiedere di comune accordo, la cancellazione del nome .com in questione e scegliere altri suffissi non identici; oppure, potranno collegare il nome .com in questione ad una pagina web comune, accollandosene in parti uguali i costi, che a sua volta contenga i links verso i rispettivi siti (che avranno nuovi nomi di dominio). E via via.

22 Va anche considerato che un procedimento di tipo negoziale alternativo presenta, a differenza della giustizia ordinaria, un carattere di assoluta confidenzialità..

23 D.G.POST, op.cit.