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Rilievi di legittimità costituzionale del giudizio immediato sotto l'egida della legge carotti

Scritto da Filippo Giunchedi

La Legge 16 dicembre 1999 n. 479, c.d. Legge Carotti, ha apportato una serie di significative modifiche che sono la chiave di lettura del tanto auspicato "giusto processo".
Un ruolo fondamentale nel riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione lo riveste innanzitutto l'art. 17 della legge in esame che ha introdotto l'art. 415 bis all'interno del Codice di procedura penale.
L'istituto, che prevede l'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari, si caratterizza per il dovere del Pubblico ministero - nel caso ritenga di non dover richiedere l'archiviazione del procedimento - di darne avviso alla persona sottoposta alle indagini ed al difensore - di fiducia o in mancanza a quello designato d'ufficio -.
L'avviso permette ad entrambi di prendere visione del fascicolo del P.m. concretandosi quindi quella discovery che nella disciplina ante-Carotti si verificava solo con la richiesta di rinvio a giudizio presentata dall'organo dell'accusa quando, però, ci si trovava al cospetto non già di un indagato, ma di un imputato.
Si badi bene, però, che l'art. 415 bis non ha realizzato quel diritto alla prova pieno che l'art. 38 disp. att. c. p. p. ha solo enunciato, ma che allo stato, per una vasta serie di motivi è rimasto un auspicio in quella ricerca di fornire P.m. e difesa delle medesime armi.
Di contro, però, la norma prevede una facoltà per l'indagato o il suo difensore consistente nel potere di stimolo della pubblica accusa. Ecco perché è da condividere pienamente la tesi di quella parte della dottrina che ritiene l'art. 415 bis una pietra miliare nelle scelte del legislatore in tema di indagini difensive che rimangono prerogativa del P.m. anche in considerazione dei poteri in capo ad esso - basti pensare alla richiesta di tabulati telefonici - (PANSINI, Con i poteri istruttori attribuiti al Gup il codice retrocede allo schema inquisitorio, in Diritto e Giustizia, 2000, 2, 60). I soggetti anzidetti, preso atto del contenuto delle indagini svolte dal P.m., avranno, però, la facoltà di indirizzarlo verso quegli elementi a favore dell'indagato anche sulla scorta delle investigazioni da questi svolte in virtù dei poteri conferitigli dall'art. 38 disp. att. c .p. p.

Il legislatore tace in merito all'applicabilità dell'art. 415 bis anche ai procedimenti speciali.
La ratio alla base di questi riti permette al P.m. di omettere quest'importante avviso all'indagato che gli permette di "giocare a carte scoperte" in una fase in cui ancora non è imputato, e pertanto gli consente di predisporre una linea difensiva senza le presunzioni e le pesanti conseguenze dello strepitus fori legate al ruolo dell'imputato? La risposta la si può individuare in relazione ai termini e alle condizioni legittimanti l'attivazione di tali procedimenti.
Si potrebbe sostenere che le diverse scansioni del giudizio immediato e di quello per decreto, gli speciali presupposti del giudizio immediato e di quello direttissimo, la richiesta adesione dell'imputato nel patteggiamento risultino non in linea con la previsione de qua (SPANGHER, Commento alla Legge Carotti, artt. 17-18, in Diritto penale e processo, 2000, 2, 188).
La flagranza o quasi flagranza di reato nel giudizio direttissimo, la volontà dell'indagato nel patteggiamento o la volontà stesso dell'imputato nel giudizio immediato atipico nonché la struttura stessa del procedimento per decreto giustificano la rinuncia all'avviso previsto dall'art. 415 bis.

Che dire, invece, del giudizio immediato tipico, quello cioè instaurato su richiesta del P.m. in presenza dell'evidenza della prova, del previo interrogatorio dell'indagato - tralasciando il termine di novanta giorni ormai assurto a mero termine ordinatorio -? In questo caso appare imprescindibile la garanzia ora accordata con la norma in esame.
Tale principio dev'essere correlato col significato da attribuire al requisito primo per la richiesta di detto giudizio, l'evidenza della prova. Espressione questa che presta il fianco a ineludibili scelte arbitrarie del P.m. Se è vero, infatti, che la scelta del rito immediato è sottoposta al vaglio del G.i.p., che deve valutarne i presupposti, è altrettanto vero che lo stesso concetto di evidenza della prova si presta ad interpretazioni disparate e l'aver trasferito la titolarità di tale scelta al G.i.p. non fa altro che accentuare tali perplessità (VERDOLIVA, Le recenti modifiche al codice di procedura penale, AA.VV., Milano , 2000, vol. I, 78).
I dati statistici dimostrano che il rito immediato viene applicato prevalentemente in materia di rapine, reati fiscali o alle violazioni previste dal D.P.R. 309/90. Reati che importano pene rilevanti e, inevitabilmente, non bisogna comprimere il diritto di difesa dei relativi indagati.
Soprattutto per rapine e delitti previsti dal D.P.R. 309/90 il giudizio immediato viene solitamente richiesto dal P.m. all'esito di un arresto o di un fermo convalidato da un G.i.p. che - non è raro riscontrarlo - è lo stesso che emetterà il decreto che dispone detto rito. L'art. 34 comma 2 bis c. p. p., infatti, non prevede alcuna incompatibilità in tal senso.
Tutto ciò non può soffocare quantomeno il diritto dell'indagato di determinare il P.m. verso indagini non solo a suo sfavore, ma anche nella direzione opposta.

Si può, pertanto, affermare che la mancata previsione o, comunque, l'omissione dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415 bis c. p. p. prima dell'emissione del decreto che dispone il giudizio immediato, viola fortemente le garanzie costituzionali garantite dagli artt. 3, 24 e 111.
Per superare tali rilievi è necessario che il P.m., nel termine per l'instaurazione del giudizio immediato, interroghi la persona sottoposta alle indagini, contestandone espressamente i fatti dai quali si evince l'evidenza della prova, e, dall'altra, invii l'avviso di conclusioni delle indagini e, quindi, attenda la scadenza del termine fissato dall'art. 415 bis comma 2 c. p. p. - o quello più lungo indicato dal giudice - prima di richiedere il giudizio immediato (VERDOLIVA, op. cit., 80).
Un diritto che alcune Procure già si premurano di garantire.