Note "provocatorie" sulla Legge n. 192/98 di disciplina della subfornitura : i termini di pagamento sono davvero inderogabili ?

1. Introduzione

Come è noto, la Legge 18.6.1998 n. 192 (d'ora innanzi, la Legge) ha introdotto per la prima volta in Italia una disciplina in tema di subfornitura nelle attività produttive.

Scopo di queste note non è la illustrazione della Legge - già approfonditamente svolta da vari Autori (numerosi articoli sono stati pubblicati sull'argomento, per cui mi limito a citare AA.VV. La subfornitura Milano 1998) - bensì avanzare alcuni dubbi sull'esegesi della stessa, nella speranza di riuscire ad aprire un dibattito sui punti che mi accingo a trattare.

Al fine di consentire la lettura ai non giuristi dirò soltanto che, mutuando la definizione dal lessico del mondo economico, per subfornitore la Legge intende quell'imprenditore che effettua per conto di un committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dal committente ovvero che realizzi - in base a specifiche direttive ed al know-how del committente - prodotti o servizi destinati ad essere incorporati in altri beni complessi.

E' stato efficacemente affermato (FRIGNANI, Disciplina della subfornitura nella legge 192/98 : problemi di diritto sostanziale in I contratti, 188 ss.) che quella in esame è una Legge dirigista, ispirata dalla pervicace volontà del nostro Parlamento di legiferare su tutto (peraltro, almeno in questo caso, senza neppure "sapere come si scrive una legge", così FRIGNANI, cit.), comprimendo in tal modo i residui spazi di autonomia privata ancora esistenti in Italia.

La Legge è manifestamente ispirata dalla volontà di dare tutela al subfornitore nei confronti del committente, sul presupposto che il primo sia (sempre e comunque) il "contraente debole" (cfr. la relazione accompagnatoria al disegno di legge originariamente proposto, in www.senato.it/att/ddl/r0637p.htm).

In siffatto contesto, la Legge detta una serie di norme sulla forma scritta del contratto di subfornitura (prevista a pena di nullità) ; sul contenuto necessario dello stesso ; sui termini di pagamento ; sul divieto di sub-subfornitura per una quota superiore al 50% del valore del contratto ; sulle responsabilità del subfornitore e sul divieto per il committente di modificare unilateralmente una o più clausole del contratto (salva la facoltà di "indicare le quantità da produrre ed i tempi di esecuzione", bontà del legislatore....) ; infine, sulla tutela giudiziaria del subfornitore e sulla sanzione dell'abuso di dipendenza economica.

Numerosi Autori hanno approfondito ed autorevolmente censurato alcuni aspetti giuridicamente aberranti della Legge (fra tutti, FRIGNANI, cit., e DE NOVA, La subfornitura, una legge grave in Riv. Dir. Priv. 1998, 449), ma ciò che ho trovato del tutto insoddisfacente nelle analisi è l'esegesi di due aspetti nevralgici della Legge : i termini di pagamento(previsti in sessanta giorni dalla consegna o dalla comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione) e la tutela giudiziaria del subfornitore (che si articola sulla concessione del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo su istanza del subfornitore a tutela dei crediti di quest'ultimo e sul ricorso alla commissione di conciliazione ed arbitrato presso le camere di commercio per le "controversie relative ai contratti di subfornitura". artt. 10 e 3.4).

Ciò che mi propongo di sostenere è che :

a) A differenza di quanto unanimemente ritenuto, i termini di pagamento previsti dalla Legge sono derogabili ;

b) il ricorso all'Autorità Giudiziaria concesso al subfornitore per ottenere un provvedimento monitorio immediatamente esecutivo è un'arma di ricatto improvvidamente posta dal legislatore nelle mani del subfornitore e l'unico strumento per renderla innocua è una clausola per arbitrato rituale o irrituale inserita nei contratti di subfornitura.

2. La derogabilità dei termini di pagamento.

La Legge si esprime in più punti sui termini di pagamento, e più esattamente :

all'art. 2.5 lett. c), nel prescrivere che contenuto essenziale del contratto sia la previsione dei "termini e modalità di consegna, di collaudo e di pagamento" ;

all'art. 3.1 ("il contratto deve fissare i termini di pagamento della subfornitura, decorrenti dal momento della consegna del bene o dal momento della comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione") ;

all'art. 3.2 ("il prezzo pattuito deve essere corrisposto in un termine che non può eccedere i sessanta giorni dal momento della consegna o della comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione." Un diverso termine, non eccedente i novanta giorni, può essere fissato in accordi interprofessionali (id est : corporativi) nazionali o locali.)

all'art. 3.3 (il "mancato rispetto del termine di pagamento" comporta la corresponsione al subfornitore di interessi pari al tasso ufficiale di sconto (t.u.s.) maggiorato di cinque punti percentuali, oltre una penale pari al 5 per cento dell'importo non pagato, ove il mancato rispetto del "termine convenuto" superi i trenta giorni);

all'art. 3.4 ("la mancata corresponsione del prezzo entro i termini pattuiti" è titolo per ottenere il provvedimento monitorio immediatamente esecutivo, su cui ci soffermeremo oltre).

Il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 3.2 per il pagamento è stato unanimemente (almeno per quanto mi risulta) interpretato come inderogabile, con la conseguenza che un diverso termine previsto dalle parti sarebbe nullo e dovrebbe applicarsi il termine imperativamente previsto.

Ebbene, tale interpretazione non mi sembra conforme :

a) Allo spirito della raccomandazione 95/198/CE (in GUCE 10.6.1995 n. 127), che ha dichiaratamente influenzato il Parlamento (cfr. la relazione al ddl, innanzi richiamata) ;

b) all'ossessiva prescrizione normativa del contenuto del contratto (che deve prevedere i termini di pagamento) ;

c) alla semplice constatazione che l'art. 3.2 è praticamente l'unica norma dell'intera Legge non assistita da sanzione di nullità per il caso di deroga.

Esaminiamo partitamente i punti testè evidenziati.

2.1 La raccomandazione 95/198/CE. L'interpretazione qui proposta.

La relazione accompagnatoria afferma con soddisfazione che il disegno di legge è coerente con i principi della raccomandazione in parola ed afferma enfaticamente che "il disegno di legge vuole avere, così come risulta evidente dalle prescrizioni in esso contenute, lo scopo di fissare le regole all'interno delle quali deve svolgersi la libera contrattazione delle parti nel rapporto di subfornitura".

A sua volta, la raccomandazione così si esprime :

"considerando che il Parlamento europeo (.....) ha insistito affinchè la Commissione presenti proposte per risolvere il problema dei ritardi di pagamento ;

"considerando che si è constatato un deterioramento nelle prassi di pagamento nella maggior parte dei Paesi della comunità ;

"considerando che, senza rimettere in causa la libertà contrattuale in materia di determinazione dei termini di pagamento, è opportuno favorire una migliore trasparenza dei termini tra le parti contrattuali, nonché incoraggiarne il rispetto ;

"considerando che il sistema delle sanzioni per i ritardi di pagamento degli Stati membri deve essere tale da poter da un lato scoraggiare i ritardi di pagamento e, dall'altro, risarcire integralmente delle spese sostenute i creditori vittime dei ritardi"

raccomanda agli Stati membri

(.....) di adottare i provvedimenti più adeguati in modo da completare il loro sistema giuridico ed amministrativo ai seguenti fini :

rafforzare la trasparenza nei rapporti contrattuali (....)

assicurare un risarcimento adeguato in caso di ritardi di pagamento.

La Commissione rappresenta dunque con chiarezza il problema, l'esigenza di darvi soluzione ed i fini delle norme "raccomandate" agli Stati membri (nonché agli Stati dello Spazio Economico Europeo, SEE).

Il problema consiste nel fatto che spesso gli imprenditori europei non pattuiscono i termini di pagamento e, quando lo fanno, i termini pattuiti vengono disattesi.

Si tratta dunque di imporre legislativamente "maggiore trasparenza" nei rapporti contrattuali, con particolare riferimento ai termini di pagamento, e di sanzionare il mancato rispetto di questi termini ; il tutto "senza rimettere in causa la libertà contrattuale" delle parti nella determinazione di siffatti termini di pagamento.

Il Parlamento italiano ha scelto di imporre la forma scritta del contratto, ed in particolare la pattuizione obbligatoria dei termini di pagamento, e di sanzionare il mancato rispetto dei termini pattuiti con un saggio di interesse superiore di cinque punti al t.u.s. nonché con una ulteriore penale del cinque per cento ove "il ritardo nel pagamento ecceda i trenta giorni dal termine convenuto".

L'unica interpretazione pienamente coincidente con lo spirito della raccomandazione, che i deputati proponenti hanno dichiarato di voler fare proprio ("fissare le regole all'interno delle quali deve svolgersi la libera contrattazione delle parti nel rapporto di subfornitura"), è dunque che le parti sono obbligate a pattuire i termini di pagamento, ma sono libere di stabilire tali termini in qualunque tempo successivo alla consegna o alla comunicazione di intervenuta esecuzione della prestazione ; peraltro, nel caso di mancata fissazione di tali termini, essi sono ex lege stabiliti in sessanta giorni.

Il mancato rispetto del termine pattuito (ovvero di quello legale, in caso di mancata fissazione) è sanzionato con la decorrenza automatica degli interessi moratori ad un tasso attualmente triplo rispetto a quello legale, oltre alla penale se il ritardo è superiore a trenta giorni.

Tale norma è chiaramente inderogabile, atteso che la Legge fa "salva la pattuizione tra le parti di interessi moratori in misura superiore (....)" (art. 3.3.).

2.2 - segue - La pattuizione obbligatoria dei termini di pagamento.

L'interpretazione qui proposta consente di dare un senso anche ai ripetuti riferimenti contenuti nella Legge all'obbligo delle parti di pattuire i termini di pagamento.

A ben vedere, il legislatore ha imposto alle parti, ed in particolare al committente, l'inserimento chiaramente espresso al termine di pagamento con decorrenza dalla consegna, "sanzionando" tale mancata pattuizione con la previsione sussidiaria del termine di sessanta giorni.

La mancata previsione del termine di pagamento, quindi, non rende nullo il contratto ma consente l'automatica applicazione dell'art. 3.2 (sappia il committente che la mancata previsione nel contratto del termine di pagamento comporta l'obbligo di corrispondere il prezzo nei sessanta giorni dal momento della consegna).

Ribaltando l'impostazione, potremmo anche ritenere che il termine di sessanta giorni è un "elemento naturale del contratto", che dovrà essere derogato dalle parti espressamente e per iscritto non essendo sufficiente un comportamento concludente (la Cassazione ammette, ad esempio, nel caso dell'esclusiva dell'agente, che è pacificamente un naturalis negotii, la derogabilità anche per facta concludentia).

L'interpretazione dottrinale fin qui unanime, che vuole il termine di sessanta giorni inderogabile, rende del tutto inutili i riferimenti alla pattuizione del termine di pagamento contenuti negli articoli 2.5 lett. c), 3.1, 3.3 e 3.4 : secondo tale esegesi, le parti sono "libere" soltanto di pattuire un termine inferiore ai sessanta giorni, con ciò riducendo la libertà contrattuale delle parti (e la solenne affermazione della relazione al ddl) ad una boutade.

Rileviamo, da ultimo che letteralmente l'art. 3.2 non dice che "il termine pattuito non può essere superiore ai sessanta giorni" ma afferma che "il prezzo pattuito deve essere corrisposto in un termine che non può eccedere i sessanta giorni dalla consegna", con tale espressione intendendo che tale termine si applica salvo diversa volontà chiaramente espressa dalle parti nel contratto.

2.3 - segue - la mancata previsione della sanzione di nullità per i patti che deroghino al termine di sessanta giorni.

La Legge in esame si distingue per uno spregiudicato (e forse inconsapevole) uso della sanzione di nullità per i patti o i comportamenti in deroga alle sue previsioni.

Ogni articolo "critico" per i fini perseguiti dal legislatore è "blindato" da siffatta sanzione : così l'art. 2 sulla forma del contratto ; l'art. 4 sul divieto di sub-subfornitura ; l'art. 5 sulla responsabilità del subfornitore ; l'art. 6 (addirittura intitolato "nullità di clausole") ; l'art. 9 sull'abuso di dipendenza economica (che con sprezzo del ridicolo dichiara nullo "il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica") (un completo esame di queste sanzioni di nullità è in PRATI, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, in I Contratti, 293 ss. : si noti che l'A. non prende in considerazione nella sua analisi l'art. 3 sui termini di pagamento).

Ebbene, dobbiamo ritenere che il legislatore italiano, pur in questo delirio di onnipotenza dirigistica, si sia "dimenticato" di affermare che "sono nulli i patti con cui si preveda un termine di pagamento superiore ai sessanta giorni" ? ovvero che "nonostante qualunque patto contrario, il termine di pagamento è fissato in sessanta giorni dalla consegna" ?

A chi scrive appare più logico propendere per la diversa interpretazione qui propugnata, e cioè che le parti restano libere di pattuire i termini di pagamento purchè essi siano chiaramente espressi con riferimento dalla data di consegna.

2.4- segue - incostituzionalità della norma così come interpretata dalla unanime dottrina.

Qualora la giurisprudenza aderisse all'interpretazione qui combattuta, la norma dovrebbe essere sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. Essa appare infatti suscettibile di censura di incostituzionalità con riferimento agli articoli 3 (per evidente quanto illogica disparità di trattamento tra un subfornitore ed un fornitore normale, ivi compreso colui che, pur fornendo beni destinati ad essere incorporati, produce tali beni in serie e non è dunque un subfornitore......) e 41 Cost. (atteso l'evidente conculcamento della libertà dell'iniziativa economica privata).

Appare altresì indispensabile, in tale ipotesi, un intervento della Corte di Giustizia UE, la quale dovrebbe pronunciarsi sulla compatibilità della norma con l'ordinamento comunitario, atteso che, così interpretata, essa tradisce all'evidenza lo spirito della raccomandazione 95/198/CE e crea sul piano della concorrenza, da un lato un pregiudizio alle imprese committenti italiane, e, dall'altro, un ingiustificato privilegio per le imprese subfornitrici italiane, anche nei rapporti endocomunitari (salvo che le imprese committenti estere prevedano espressamente l'applicazione di una Legge diversa da quella italiana) ; il tutto con buona pace per la volontà della Commissione di armonizzare le legislazioni europee.

3. La tutela giudiziaria del subfornitore.

Le "anime belle" che albergano in Parlamento (e in alcuni commentatori della Legge, soprattutto quelli "a botta calda") ritengono che il sistema della tutela giudiziaria del subfornitore sia sostanzialmente organizzato su due distinti canali : le eventuali contestazioni sull'esatto adempimento dei subfornitori sono destinate ad essere risolte nella sede conciliativa e/o arbitrale prevista dall'art. 10 delle Legge ("....le controversie relative ai contratti di subfornitura di cui alla presente legge sono sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione presso la camera di commercio, industria e artigianato nel cui territorio ha sede il subfornitore...") mentre il ritardo tout court del committente trova giusta sanzione nel ricorso da parte del subfornitore al provvedimento monitorio previsto dall'art. 3.4 ("In ogni caso la mancata corresponsione del prezzo del prezzo entro i termini pattuiti costituirà titolo per l'ottenimento di ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva ai sensi degli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile").

Ora, appare sufficiente un minimo di esperienza forense per immaginare che lo scaltro subfornitore - pur nella consapevolezza delle lamentele del committente per i ritardi o l'inesatto adempimento - non si rivolgerà alla commissione di conciliazione né attenderà certo che lo faccia il committente.

Più semplicemente, egli - producendo il contratto e le fatture - si rivolgerà direttamente al giudice ordinario per ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, che non potrà essergli negato giusta la previsione normativa in commento.

In tal modo, il committente dovrà far valere le sue ragioni nella causa di opposizione, peraltro dopo avere pagato il prezzo pattuito : resta salva la sospensione della provvisoria esecuzione, che potrà essere ottenuta tuttavia solo per gravi motivi (art. 642 c.p.c.), che non possono coincidere con la semplice contestazione dei vizi e ritardi nell'esecuzione dell'opera.

L'improvvido legislatore ha dunque capovolto il sistema previgente, che, con sommo equilibrio, consentiva al committente di evitare la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo proponendo un'opposizione fondata su prova scritta (art. 648 c.p.c.).

Il sistema vigente "regala" anche al subfornitore incapace o disonesto un potente strumento di pressione (o di ricatto.....) nei confronti del committente : anche se contesti, e le tue contestazioni sono fondate, paga e poi agisci per la restituzione !

La conciliazione obbligatoria è dunque una chimera ed è il parto di un legislatore giuridicamente non attrezzato : le contestazioni sulle forniture saranno risolte dal giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo e non certo dalle camere di commercio.

L'unico sistema per evitare siffatto ricatto per i committenti è dunque l'introduzione nel contratto di subfornitura di una clausola compromissoria, che elimini in radice la competenza del giudice ordinario (per incompetenza, nel caso di arbitrato rituale o per difetto di giurisdizione nel caso di arbitrato irrituale).

La clausola compromissoria costituirà altresì grave motivo per la sospensione, prima, e la revoca poi del decreto ingiuntivo che il callido subfornitore abbia richiesto nonostante la sua sottoscrizione.

4. Conclusioni.

Giuristi autorevoli e raffinati hanno speso parole di fuoco contro la Legge e la tecnica legislativa usata dal Parlamento.

E' venuto il tempo, tuttavia, di riprendersi dallo choc e di avviare un'interpretazione della Legge che la reintroduca nell'alveo del nostro diritto civile e delle regole ermeneutiche cui siamo stati abituati nello studio ed applicazione del codice civile e di quelle che un tempo si chiamavano "leggi speciali".

La speranza è che queste note, affidate ad uno strumento congenitamente spontaneo e non dirigista quale internet, possano dare un contributo in tal senso.