Pubblicità senza inganno: i consumatori ringraziano

Il presente articolo è stato integralmente tratto dalla rivista " Commercio internazionale" del 15 febbraio 1997 n.3

 

La concorrenza sempre più accesa fra i prodotti impone alle aziende strategie di vendita incisive e particolarmente onerose, che permettono di prevalere sul mercato. Mettersi in mostra è l'imperativo del sistema produttivo, dove comunque non deve trovare spazio l'inganno del consumatore. La normativa in materia di pubblicità decettiva.

Con il passare degli anni, il buon funzionamento degli atti d'impresa presuppone, sempre con maggiore insistenza, la competenza di figure ausiliarie accanto a quella fondamentale dell'imprenditore. Infatti, la creazione del Mercato unico europeo, eliminando le frontiere doganali e dando vita ad una normativa comunitaria, ha intensificato lo scambio di pratiche commerciali tra i singoli Stati dell'Unione Europea(Ue), imponendo peraltro alle aziende diversi oneri per restare competitive sul mercato.

L'imprenditore di conseguenza, per svolgere la sua attività, deve avvalersi, oltre che di una efficiente struttura produttiva, della collaborazione di altre figure professionali tra cui quella di un esperto giuridico del commercio internazionale e del promotore pubblicitario, attento alle richieste dei consumatori e delle startegie di vendita.

La consulenza legale si rende necessaria per intrattenere rapporti commerciali con i diversi Stati membri ed essere sempre aggiornati sulle diverse discipline normative in vigore, onde evitare di stipulare contratti svantaggiosi. Il promotore pubblicitario, invece, ha il compito , una volta sondato il mercato di riferimento, di creare delle strategie ad hoc per la promozione dei prodotti.

Rispetto ad una volta, quando le imprese promuovevano i loro prodotti attraverso la vetrina, il cartellone pubblicitario e il carosello, al fine di informare il pubblico sulla loro esistenza, oggi, in un mercato caratterizzato da beni sempre più omogenei, si tende a promuovere, per differenziarli, il "Plus"( il più del tuo prodotto rispetto agli altri) e i "benefits"(il beneficio in più che offre il prodotto al consumatore, rispetto alla concorrenza ) .

Si avverte quindi un cambiamento nei gusti dei consumatori e nelle loro necessità, che impone alle imprese oneri sempre maggiori, ma soprattutto il dovere di adeguarsi al processo di internazionalizzazione. Ciò implica la conoscenza e il rispetto delle norme che regolano la comunicazione d'impresa e, in particolar modo, di quelle che tutelano il destinatario finale dall'inganno attraverso pubblicità decettive.

E' certamente opportuno analizzare la direttiva 10 settembre 1984, n.450(1) sulla pubblicità ingannevole, e, al tempo stesso, la corrispondente legge di attuazione in Italia (d.lgs 25 gennaio n. 74)(2).

 

Direttiva n.450/84/ CEE

Il controllo della comunicazione d'impresa all'interno della Ue assume un notevole rilievo per garantire la libertà' e la lealtà del mercato.

La pubblicità, influenzando quotidianamente le scelte del consumatore e quelle del mercato, è considerata dagli Stati membri, dai suoi produttori, venditori e consumatori << un importante strumento economico per rendere operativo il Mercato Unico >> (3).

 

Definizioni

La direttiva n. 450/84 ha dato chiaramente a livello comunitario un impulso al controllo della comunicazione ingannevole, definendo (art 2):

- il termine pubblicità come "qualsiasi forma di messaggio che sia diffusa in qualsiasi modo nell' esercizio di una attività commerciale, industriale..... allo fine di promuovere la fornitura di beni o servizi"

- il termine pubblicità ingannevole come " qualsiasi pubblicità che, in qualsiasi modo.....,induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta e che possa pregiudicare il loro comportamento economico o che leda o possa ledere un concorrente".

Le suddette definizioni tentano di eliminare alcune lacune normative che lasciavano il posto ad un'ampia discrezionalità nella determinazione dell'ingannevolezza o meno del messaggio al pubblico, mirando a tutelare sempre più il consumatore che deve essere in grado di riscontrare nel bene o servizio oggetto della pubblicità le qualità "decantate".

 

La valutazione del messaggio

Nel caso comunque sorgesse una questione relativa all'ingannevolezza della pubblicità,il giudice nella sua valutazione deve tenere conto degli elementi di cui all'art 3, ovvero :

a) le caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, esecuzione, composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati su beni e servizi;

b) il prezzo o il modo in cui questo viene calcolato, e le condizioni alle quali i beni e i servizi vengono forniti;

c) la natura , le qualifiche e i diritti dell'operatore pubblicitario, quali l'identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale e i premi o riconoscimenti.

E' l'operatore pubblicitario, ex art 6a) , che deve dimostrare " l'esattezza materiale dei dati di fatto" ai tribunali o agli organi amministrativi competenti; come sanzione di una pubblicità decettiva è prevista la sua inibitoria o la richiesta di rettifica, nell'interesse generale, ad una informazione veritiera ed onesta .

Le autorità devono motivare i loro provvedimenti avverso i quali è possibile ricorrere e ,eventualmente, farli pubblicare.

La direttiva denota, quindi, la volontà di regolare la pubblicità, ma allo stesso tempo, lascia, in relazione agli organi preposti al controllo, ampi margini discrezionali agli stessi Stati membri stante la loro diversa organizzazione interna.

 

La discrezionalità degli Stati

L'art 4 impone agli Stati di adottare misure"adeguate ed efficaci"tali da consentire un ampio acesso alla giustizia, concedendo, tuttavia, di mantenere strutture di autodisciplina(4) nonché di prevedere provvedimenti di urgenza.

In proposito, si è certamente preso coscienza del ruolo sempre più importante degli organismi di autodisciplina, caratterizzati dalla flessibilità e dal minor costo delle procedure, e si è riconfermato il loro potere nel controllo dei messaggi ingannevoli, affiancandolo a quello di organismi di natura civile( tribunali) e amministrativa già costituiti o da costituire.

Inoltre, gli Stati membri sono anche liberi di decidere che si ricorra" in via preliminare..." ( art 4,b) ad altri mezzi, tra cui anche organismi volontari, prima di adire l'organismo amministrativo o il tribunale.

La direttiva ha posto quindi le basi per garantire il consumatore nella determinazione delle sue scelte, e gli imprenditori concorrenti nell'assicurare un corretto svolgimento degli affari, in un'ottica di "fair trading", obiettivo che, in parte, si era già attuato con l'istituzione dell'Autorità garante in Italia, e in Inghilterra con una revisione della legge sui monopoli del 1973.

 

Il controllo in Italia

Anche se con notevole ritardo la direttiva n.450/84 CEE ha ricevuto attuazione in Italia, con il d.lgs 25 gennaio 1992 n. 74(5).

Il decreto, conformandosi in toto alla lettera della direttiva, dà la definizione oggettiva di pubblicità e individua, di conseguenza, la ratio della definizione e della comunicazione d'impresa nello scopo di promozione e di vendita di beni e servizi.

Per quanto riguarda il concetto di ingannevolezza il legislatore europeo e, allo stesso modo quello italiano, ha indicato in modo tassativo gli elementi che devono essere valutati dal giudice nel determinare la decettività di un messaggio( art 3 d.lgs 74/92). Tuttavia tale tassatività non basta ad impedire di ricorrere a valutazioni soggettive e"personali" da parte degli organi giudicanti. Infatti, nella valutazione di un atto come idoneo " ad indurre o a poter indurre in errore", non possono non entrare in gioco paramentri soggettivi.

Con la direttiva, e di conseguenza con le diverse leggi di attuazione si è migliorato il sistema di controllo, ma non è stato possibile eliminare completamente una certa discrezionalità da parte degli organi giudicanti nella valutazione circa l'ingannevolezza della comunicazione.

 

Trasparenza e garanzia

D'altro canto, la normativa impartisce direttive ben precise agli operatori pubblicitari relative alla tipologia di pubblicità da creare e ai termini da utilizzare all'interno del messaggio stesso. L'art 4(6) , infatti, prevede il dovere, da parte dell'operatore pubblicitario, di permettere ai consumatori di distinguere la pubblicità a mezzo di stampa da tutte le altre forme di comunicazione al pubblico con modalità grafiche di evidente percezione .

Tale norma pone, quindi, un divieto a quella comunicazione che dissimula la sua natura pubblicitaria con la falsa apparenza di testi neutrali di natura redazionale e - al punto tre dello stesso articolo - pone il divieto della pubblicità subliminale(7) ; inoltre sempre nel contesto della trasparenza della pubblicità, richiede che i termini "garanzia" e "garantito" siano usati solamente se accompagnati dalla precisazione del contenuto e delle modalità della garanzia offerta.

 

I diritti del consumatore

In caso di violazione delle disposizioni relative alla trasparenza pubblicitaria, o in tutti gli altri casi di inganno al pubblico, la legittimazione ad agire, ex d.lgs, è conferita ai consumatori, alle loro associazioni e organizzazioni, agli imprenditori concorrenti e al Ministro dell'industria e del commercio come previsto dall'art 41 della legge 428/90(8).

La domanda si propone con ricorso agli organi competenti, i quali non possono procedere d'ufficio ; in seguito al ricorso, la prova contraria diretta a dimostrare la verità del messaggio, cioè la corrispondenza dei fatti presenti nella réclame alla realta, è posta a carico dell'operatore pubblicitario, pena l'obbligo di effettuare una dichiarazione di rettifica o la sua inibitoria cui può aggiungersi la pubblicazione della pronuncia.

L'organo competente, inoltre, può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria del messagggio in caso di urgenza, ma, in ogni caso, comunica all'operatore pubblicitario l'apertura dell'istruttoria. E' da sottolineare che il garante può inibire il messaggio ex ante la sua trasmissione, cioè nell'imminenza della sua diffusione.

Nell'eventualità l'operatore pubblicitario non ottemperasse al divieto o alla modifica impostagli, sarà soggetto alla sanzione dell'arresto fino a 3 mesi e dell'ammenda fino a 5.000.000 di lire.

 

Le autorità competenti

Per quanto riguarda, in particolare, gli organi competenti cui i soggetti legittimati debbono rivolgersi, il d.lgs 74/92 presenta notevoli differenze rispetto, ad esempio, alla legge di attuazione inglese data la differente organizzazione interna :infatti, mentre in Gran Bretagna il sistema istituito per il controllo della pubblicità decettiva è basato soprattutto su organismi di autodisciplina competenti per i diversi tipi di pubblicità , in Italia il controllo della comunicazione d'impresa viene attuato mediante organi di natura giuridica civile, amministrativa e organismi di autodisciplina.

L'avvento della direttiva ha coordinato, in base alle competenze, l'azione delle diverse autorità, di nuova e vecchia costituzione, quali quelle amministrative , di autodisciplina e il giudice ordinario . Infatti, prima di questa legge, la repressione dei messaggi ingannevoli si attuava ricorrendo agli organi competenti solo in base ad istituti di natura civile (art 2598 codice civile) e penale (art 515, art 517, art 640 codice penale ).

In seguito alla direttiva, il d.lgs ha conferito il potere di esercitare il controllo dei messaggi pubblicitari all'autorità amministrativa istituita con la legge antitrust 287/90(9), cioè all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e ciò in accordo con l'art 41 legge delega 428/90. Ha inoltre riconfermato la figura del giudice ordinario nel controllo, ex art 2598 nn. 2,3, della concorrenza sleale, ma ha anche riconosciuto il ruolo importante degli organismi di autodisciplina : il Giurì e il Comitato di controllo.

Il primo ha la funzione di tribunale di prima istanza per l'accertamento della violazione del Codice di autodisciplina(Cap).

Il secondo ha la funzione :

a) di denunciare al Giurì i messaggi pubblicitari che ritiene contrastanti con il codice di autodisciplina ;

b) di richiedere la cessazione di una campagna pubblicitaria ;

c) di emettere provvedimenti monitori e pareri.

L'Istituto di autodisciplina (Iap), si caratterizza per il fatto che gli operatori pubblicitari, aderendo alle associazioni professionali di categoria (Tp, Assap,Otep..ecc),, si vincolano al rispetto del Codice di autodisciplina e ad ogni decisione dei due organismi precedentemente richiamati.

A rigor di logica, chi non sia membro di queste associazioni non dovrebbe conformarsi al codice, ma , in pratica, capita raramente che uno dei soggetti che partecipa alla diffusione della campagna pubblicitaria non faccia parte di una di queste associazioni.

Infatti gli organismi autodisciplinati, caratterizzati da una maggiore flessibilità e rapidità nel pervenire alle decisioni in materia di pubblicità, sono preferiti rispetto alle autorità di giustizia ordinaria o amminstrativa, che comportano lunghe procedure.

Le parti interessate possono chiedere al Giurì di esaminare il messaggio pubblicitario, e astenersi dall'adire l'Autorità garante fino alla pronuncia definitiva. Quest'ultima, qualora preventivamente interpellata, può su richiesta degli interessati, sospendere per un periodo non superiore a trenta giorni l'esame del messaggio e aspettare la pronuncia del Giurì.

Il d.lgs, non ha però esaminato il problema del rapporto dei giudicati contrastanti emanati dalle due autorità, limitandosi ad analizzare, all'art 7 comma 12, il solo rapporto tra l'Autorità garante e un particolare tipo di pubblicità, che se autorizzata mediante un provvedimento amministrativo, viene automaticamente svincolata da un giudizio sull'ingannevolezza e rimessa ad un'eventuale riesame, solo per questioni di legittimità al T.A.R(10) .

Accanto alle due precedenti autorità, il giudice ordinario rimane competente, ex art 2598, per tutti gli atti di concorrenza sleale.

La fattispecie della concorrenza sleale comprende tutti quei comportamenti anticoncorrenziali che sono idonei a determinare il discredito di un concorrente o sono contrari alla correttezza professionale(11).

Il discredito può essere provocato diffondendo notizie o aprezzamenti sull'attività o sui prodotti di un proprio concorrente di natura" discreditante" e, malgrado le notevoli sentenze della giurisprudenza che accertano l'esistenza del discredito solo se ingenerato nei confronti di più soggetti, non si esclude, tuttavia, la sua esistenza anche quando è ingenerato nei confronti di un solo soggetto, per esempio un cliente.

La disciplina di tale illecito nasce dalla necessità di reprimere un danno concorrenziale attuale o potenziale ingenerato dalle diffide ai clienti, ai fornitori ecc., fatte dalla concorrenza.

Non rientrano invece nella fattispecie ex art 2598 le notizie e gli apprezzamenti quando questi assumono la forma di informazioni o sono vere, per il semplice motivo che la perdita di reputazione, in tal caso, non sarebbe immotivata.


NOTE

(  1) "Direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole" pubblicata in GUCE L 250 del 19 settembre 1984.

(  2) Pubblicato nella Gu del 13 febbraio 1992, s.o n.36

(  3) MENGOZZI, Il diritto della Comunità Europea in Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto Pubblico dell'economia, 1990 Padova.

(  4) MENGOZZI, La pubblicità ingannevole : Relazione al seminario sui diritti dell'Uomo, Milano, 17 novembre 1995.

(  5) Per una panoramica sull'argomento si veda: .G.FLORIDIA, Il decreto legislativo in materia di pubblicità ingannevole: illustrazione e commenti, Relazione al convegno " Pubblicità ingannevole: verso nuove regole", Milano 29 aprile 1992.

(  6) Si veda in proposito: L.DI VIA,"Commento all'art 1 e 4 della direttiva n.450/84", in Legge civile commentata, 1993, pag 671.

(  7) Si veda: FUSI-TESTA, Diritto & Pubblicità, Milano, 1996, pag 90.

(  8) L. 29 dicembre n.428- Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità Europea -"Tutela dei consumatori. Divieto di pubblicità ingannevole : criteri di delega", pubblicata nella Gu n.10 del 10 gennaio 1990.

(  9) Pubblicata nella Gu n.240 del 13 ottobre 1990.

(  10) Si veda: FUSI-TESTA-COTTAFAVI, La pubblicità ingannevole, cit., 312 ss.

(  11) Si veda.VANZETTI-DI CATATLDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 1996, 77