Associazioni professionali e società

L'evoluzione dell'attività del libero professionista, ed in particolare dell'avvocato, verso una sempre maggiore specializzazione, connessa ai crescenti sviluppi delle tecniche e delle normative, la sua espansione al di là degli oramai ristretti confini nazionali e l'esigenza di una rapida soluzione delle problematiche allo stesso sottoposte, hanno determinato il fenomeno del c.d. "associazionismo professionale", vale a dire la creazione di centri di riferimento in grado di fornire prestazioni professionali con maggiori competenza, efficienza, economicità e produttività.

Una struttura organizzata, nella quale ciascun elemento sia portatore di una propria specializzazione in un ramo particolare della professione, al di là dei vantaggi per i suoi componenti, rappresentati dall'interscambio culturale e dal miglioramento dei costi e, quindi, della produttività, può offrire all'utente, con una unica prestazione, di elevato livello professionale, la soluzione di problematiche, seppur nello stesso ambito, tra loro differenti. Tuttavia, le esposte esigenze pratiche ed operative si scontrano, in parte, con la vigente normativa disciplinante l'esercizio delle c.d. "attività professionali protette", vale a dire le attività per il cui svolgimento è richiesta la iscrizione in appositi albi.

Infatti, la l. 23.11.1939, n. 1815, inerente la "Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza", oltre a sottoporre l'esercizio delle predette attività in forma associata a specifici oneri pubblicitari nei confronti di terzi, espressamente vieta "di costituire, esercire o dirigere, sotto qualsiasi forma ... società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od a terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria".

Peraltro, dottrina e giurisprudenza (cfr., per tutte, Cass., Sez. Un., 13.10.1993, n. 10942, in "Le Società", 1994, pag. 195), sulla base dell'affermato carattere personale delle prestazioni professionali ed allo scopo, tra gli altri, di evitare che sotto una denominazione diversa da quella individuale possano celarsi abusivismi professionali, hanno finora interpretato dette norme in modo rigoroso escludendo che lo svolgimento di tali attività possa avvenire sotto forme giuridiche diverse dal contratto d'opera intellettuale e, quindi, escludendo la creazione di forme societarie, di qualsiasi tipo, tra professionisti.

In sostanza, pur ritenendo, taluno, applicabile ad alcune fattispecie, in via analogica e residuale, le norme disciplinanti le società semplici, è stato, sinora, sulla base di principi non più condivisibili alla luce delle considerazioni sopra svolte, costantemente escluso che forme di integrazioni e di aggregazioni tra professionisti possano avere rilevanza esterna, risolvendosi le stesse in un mero "esercizio individuale in forma associata" .

Per tali motivi, appare quanto mai rilevante una recente decisione della Corte di Appello di Milano (Bellini c. Gamba Barbato, 19.4.1996), in cui, seppur a livello di pronunzia incidentale, espressamente si afferma che la disciplina della società semplice "è applicabile alla associazione tra professionisti, prevista dalla L. 23 novembre 1939, n. 1815, in quanto questa costituisce una delle più rilevanti concrete manifestazioni di detto tipo di società".

Questa decisione, accanto alle pressioni attualmente esercitate dalle associazioni di categoria, potrebbero indurre il legislatore a rivedere, con le dovute cautele, la propria posizione in merito all'esercizio societario della professione.