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Io, robot

Scritto da Marta Falcone

Il mistero della vita e della sua creazione è qualcosa che ha sempre affascinato gli scienziati dall’alba dei tempi. Il mostro di Frankenstein è solo uno dei moltissimi esempi di quanto lontano possano spingersi le ardite fantasie umane. Ma, nei secoli trascorsi dall’uscita del più noto romanzo di Mary Shelley, la comunità scientifica ha compiuto molti passi avanti e oggi siamo davanti alla possibilità - concreta e non più fantascientifica - di robots che interagiscono con gli esseri umani, che pensano e parlano e rispondono all’ambiente esterno. In altre parole robots pronti ad interagire con noi sulla scia della colossale saga di Star Wars.

L’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) è infatti pronto a lanciare sul mercato R1, un robot domestico, che sa interagire con l’uomo e rispondere alle sue reazioni . Inoltre la sua intelligenza artificiale non è, come finora accaduto, modellata indipendentemente dal robot, ma sviluppata direttamente su di esso. Cosa che, per i profani della materia, significa che l’intelligenza artificiale di R1 si adatta e si sviluppa in funzione del suo corpo. Un po’ come avviene per l’essere umano, dove l’intelligenza del bambino cresce insieme alla scoperta del mondo esterno, ai primi passi, alle prime esperienze. Per R1 il processo intellettivo sarà simile.

Ma il robot domestico dell’IIT è solo uno degli esempi meglio riusciti di intelligenze artificiali che interagiscono con l’uomo. Se ne potrebbero citare molte altre, che presto saranno parte integrante della nostra vista. Basti pensare ai c.d. robot-advisors, esperti in consulenza finanziaria e capaci di individuare il miglior investimento sulla base di una serie di parametri. In Australia, invece, se hai voglia di una pizza, te la porta direttamente DRU, uno speedy-robot, che presto sbarcherà anche a Londra per aiutare Just Eat nelle consegne. I problemi sollevati dall’introduzione della tecnologia spaziano dalla responsabilità per danno, alla tassazione del lavoro di queste macchine. Per far fronte ai problemi giuridici, che neanche Mary Shelley avrebbe potuto prevedere, al Parlamento Europeo la Commissione guidata da Mady Delvaux ha dibattuto su come classificare i robot. Nella prima bozza si legge, la cui prima approvazione è fissata per fine ottobre, si evince di come si stia seriamente affrontando il problema, ponendosi anche domande sui futuri possibili e sottolineando l’esigenza che l’Europa si doti di un apparato di regole autonome, prima di essere costretta ad introdurre normative disegnate da altri.

Indubbio è che per fornire posizioni e conseguenze giuridiche ai robot è necessario attribuire loro una qualche soggettività giuridica. Viene quindi proposta una definizione di “smart robots” basata su quattro criteri:

• la capacità di acquisire autonomia tramite sensori e/o scambio di dati con l’ambiente (interconessione) e di analizzare questi dati;

• la capacità di imparare dall’esperienza e dall’interazione;

• la forma del supporto fisico del robot;

• la capacità di adattare i suoi comportamenti ed azioni all’ambiente.

Bisognerà inoltre istituire ed aggiornare un registro dei robot, necessariamente unico per tutta l’Europa, oltre ad adottare un serie di codici di condotta etica, per creatori e commissioni di ricerca. In particolare agli ingegneri, i futuri (ma, si spera, più oculati) Victor Frankenstein, si richiede di non creare robot che possano ferire gli uomini o non perseguire i migliori interessi per la nostra specie e di introdurre la “reversibility”, ossia la possibilità di annullare un’azione o sequenza di azioni per permettere al robot di tornare sulla “strada giusta”.

Nel Report della Commissione Affari Legali vengono delineate anche le linee guida per le licenze di utilizzo dei robots, sottoscritte dagli utenti e dai designers (per questi ultimi valide nella creazione del supporto dell’intelligenza artificiale). In entrambi i casi si sottolinea l’importanza di considerare la dignità umana e la privacy dell’individuo, che non dovranno essere messe a rischio dai robots. Alcuni degli obblighi previsti per i designers richiamano il codice di condotta etica degli ingegneri, con particolare attenzione alla trasparenza nell’intero processo e alla creazione di robots mai progettati per arrecare nocumento gli esseri umani.

Infine, la Commissione affronta i due problemi più spinosi.

In primis, i creatori dei robots dovranno predisporre apposite assicurazioni, che coprano eventuali danni causati dagli stessi. Non potrebbero infatti applicarsi le normative in tema di responsabilità civile attualmente vigenti, dato che il danno sarebbe causato dal robot stesso. E non possedendo il robot beni materiali, una copertura assicurativa diventa l’unico modo per far fronte ai risarcimenti dovuti da queste “persone elettroniche”. D’altronde l’argomento è sicuramente pressante dopo l’incidente mortale in Florida, che ha spinto anche la Cina a ritornare sulla materia, vietando le prove su strada per le macchine autoguidate.

In secondo luogo, si pone il problema delle tasse. Nel Report della Commissione si stabilisce chiaramente che i datori di lavoro dovranno comunicare quanto sia il guadagno per l’impiego di robots invece che di esseri umani. Le prime previsioni sembrano così rispondere alle critiche sollevate da più parti circa la difficoltà del trattamento pensionistico in futuro e gli effetti negativi che l’occupazione robotica (meno costosa per il datore) avrà e sta avendo sull’impiego umano.

Certo è che il lavoro della Commissione è un primo passo verso una regolamentazione sulle intelligenze artificiali. Ed è certo che non è ancora sufficiente, lasciando non trattato il problema di eventuali sanzioni e dei controlli sul rispetto dei codici di condotta. Uno sforzo ulteriore dovrà essere fatto per fronteggiare un futuro (che di futuro ormai ha ben poco) dove i robots potrebbero non solo superare l’intelligenza umana, ma pretendere gli stessi diritti inviolabili, come il robot Andrew di Asimov …. una vera e propria rivoluzione francese sul piano dell’Informatica.