La brevettabilità del software in Europa

Scritto da Aldo Scarpiello

Negli ultimi mesi si è sviluppato un vivace dibattito sui contenuti della direttiva europea relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

In particolare, il 20 febbraio 2002 la Commissione ha emanato una proposta di direttiva sulla brevettabilità del software, della relatrice  britannica McCarty, approvata poi in prima lettura il 24 settembre scorso dal Parlamento europeo, con emendamenti che restringono il campo di applicazione solo ed esclusivamente a software strettamente connessi con uno specifico hardware. Il 18 maggio, infine, il Consiglio europeo dei ministri sulle Competitività ha varato il provvedimento; si attende pertanto ora di vedere quale sarà l'evoluzione che il testo subirà nei successivi passaggi parlamentari.

Il tema si incentra sulla protezione delle invenzioni e delle opere dell'ingegno che, a seconda della loro natura, possono essere tutelate con lo strumento del brevetto o con quello, del tutto diverso, del copyright o diritto d'autore, tra loro inconciliabili. Mentre il diritto d'autore, infatti, protegge l'opera dell'ingegno nella sua espressione finale, il brevetto è posto a protezione di un'idea che esplica il suo valore economico solo nel momento in cui viene applicata per realizzare un prodotto.

In sostanza, in relazione al software, il diritto d'autore tutela qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore con la caratteristica dell'originalità, non accordando alcuna forma di protezione alle idee che sono alla base dell'opera stessa; di fatto quindi non precludendo la possibilità di esprimere le stesse idee e gli stessi principi con altri programmi, purché il codice sorgente del nuovo software sia originale. A differenza del brevetto,  dunque, che assicura un monopolio legale per un certo periodo di tempo sull'invenzione, purché abbia le caratteristiche della novità, dell'attività inventiva e dell'applicazione industriale, il diritto d'autore non protegge da modi differenti di esprimere le stesse idee.

In Europa la Convenzione di Monaco, ratificata in Italia nel 1978, esclude espressamente il software dalle opere brevettabili, poiché i programmi per elaboratori "in quanto tali"  non possono, al pari dei metodi matematici, avere un carattere tecnico, essendo la traduzione di concetti astratti e di algoritmi. Ma il problema ha cominciato a porsi da quando l'Ufficio Brevetti europeo (EPO) ha aggirato il divieto della brevettabilità del software riconoscendone la natura tecnica grazie all'inciso "in quanto tali", che lascia spazio ad un'interpretazione flessibile del divieto.

Di qui uno degli obiettivi della proposta di direttiva, cioè quello di superare le divergenze attualmente esistenti nei diversi Paesi europei in sede di attuazione delle norme contenute nella Convenzione di Monaco, con un'armonizzazione della tutela per le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici "evitando mutamenti repentini della posizione giuridica ed in particolare un'estensione della brevettabilità ai programmi per elaboratori in quanto tali". Lo scopo ultimo è quello di avvicinarsi agli USA, dove i software sono tranquillamente brevettabili.

Ma in relazione alla volontà di creare condizioni economiche concorrenziali paritarie tra Europa e Stati Uniti sono sorte aspre polemiche, soprattutto da parte dei sostenitori del software libero o "open source", dal momento che a loro parere il sistema dei brevetti va ulteriormente a rafforzare la posizione delle lobby delle grandi imprese e major, le uniche in grado  di sopportare i  costi elevati del brevetto, oltre che degli uffici legali esperti in tutela della proprietà intellettuale e dello stesso Ufficio brevetti, costituendo il rilascio dei brevetti fonte di reddito per lo stesso. Il timore, proprio anche del Comitato economico europeo, è quindi quello dell'uscita dal mercato informatico delle PMI, oltre a quello non meno grave dell'impedimento alla creatività ed all'innovazione con monopoli che ostacolano il sistema della concorrenza nell'evoluzione dei programmi proprio in virtù della possibilità di impiegare parti di software impiegate da altri. Del resto, al contrario delle innovazioni industriali, dove il brevetto previene la facile imitazione di una costosa innovazione, per il software l'innovazione ha un costo molto basso mentre la sua implementazione richiede sforzi economici ben maggiori; è per questo che il copyright resta la tutela più efficace.

Assolutamente contrario alla direttiva è anche il ministro per l'Innovazione e le Tecnologie italiano Lucio Stanca, che ha commentato positivamente l'astensione dal voto del Governo italiano alla luce delle incertezze ed insufficienze della direttiva, che lui spera possa nel prosieguo dei lavori essere migliorata, considerando che a suo avviso "più si consente il ricorso al brevetto nel software e più si limita il suo sviluppo".

I pochi fautori della brevettabilità del software, dal canto loro, spostano l'attenzione sull'opportunità che, in ragione delle innegabili peculiarità dei programmi per elaboratore entro le invenzioni industriali, vengano adottati ex lege parametri e criteri di accesso alla privativa industriale diversi da quelli utilizzati in altri domini della tecnica, oltre a meccanismi di funzionamento del brevetto più rispondenti alle specifiche esigenze del mercato.

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