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L’implementazione della Markets in Financial Instruments Directive e la forma dei contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento

Scritto da Marco Salzano

La lunga stagione dei crack finanziari di primarie aziende italiane, insieme alle vicende simili d’oltreoceano e al default del debito pubblico argentino, ha dato vita ad un’importante filone giurisprudenziale teso a trovare soluzioni satisfattive per i molti investitori coinvolti in operazioni finanziarie che non hanno avuto buon esito. Lungi dall’effettuare, o anche solo favorire, un inquadramento sistematico della materia, questo sforzo ha tuttavia il pregio di aver indotto alcuni autori[1] ad utilizzare, e in alcuni casi ripensare,  le categorie classiche del diritto civile per risolvere le problematiche sollevate dal tipo di contratti che qui ci occupa.
Il presente contributo si vuole inserire in questo filone ponendosi l’obbiettivo di fissare alcuni punti che ormai risultano fermi, ma anche di sollevare qualche problema interpretativo fin qui taciuto, in materia di requisito di forma.
Il legislatore della riforma, il legislatore che con il  d.lgs. n. 164 del 17.9.2007 introduce nel nostro ordinamento - e nel corpo del tuf - i principi di matrice comunitaria esplicitati dalla direttiva 39 del 2004 e ispirati all’approccio Lamfalussy, si occupa anche di contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, servizi accessori ai primi ed attività di investimento e anche della forma degli stessi. È, per il civilista, di prima evidenza il tentativo di sistemazione della materia; altrettanto evidente è il fallimento dello stesso.
Iniziamo dalla disciplina previgente. Si chiariva all’ art. 23, siamo nel capo II della parte II, dedicato allo svolgimento dei servizi (oggi dei servizi e delle attività), che detti contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Requisito di forma ad substantiam, l’ultimo capoverso del primo comma dell’articolo in esame chiarisce infatti che nei casi di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo; residua uno spiraglio di eteroregolamentazione: la Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere delle eccezioni legate alla professionalità dei clienti, in presenza di cliente caratterizzato da professionalità i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento possono essere stipulati in altra forma. Fin qui nulla quaestio siamo in presenza di un requisito ultroneo rispetto a quelli che il codice stabilisce nella definizione di contratto dell’art. 1321, che la legge si riserva, al numero 4 del 1325, di prescrivere per tutelare interessi particolari – nel nostro caso quello del cliente – e che partecipa alla stessa ratio, appunto di tutela del cliente-consumatore di servizi di investimento, che al secondo comma del medesimo art. 23 vieta ogni rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente o al sesto sposta in capo al soggetto abilitato l’onere della prova, nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi che ci occupano, di aver agito con la specifica diligenza richiesta.
L’articolo successivo, il 24 del TUF, rubricato “Gestione di portafogli di investimento” oggi semplicemente “Gestioni di portafogli”, stabiliva, alla lettera a del primo comma, che “il contratto è redatto in forma scritta”. A questa specificazione l’esegeta attento non poteva non storcere il naso, affaticandosi nel tentativo di ricercare la motivazione della stessa. Se è vero come è vero che all’art. 23 si statuisce per i contratti relativi ai servizi di investimento il requisito della forma scritta, se è vero come è vero che la gestione di portafogli di investimento rientra tra i servizi di investimento ai sensi della lettera d del comma quinto dell’art. 1 del TUF, non si comprende la necessità di “confermarlo” precipuamente per questo servizio nel testo dell’art. 24. L’ultimo comma dello stesso art. 24 sgombra il campo dall’equivoco che forse, in questo caso, il requisito della forma scritta fosse stabilito ad probationem: anche in questo caso i patti contrari sono nulli.
Altro non può essere che una delle ridondanze, una delle imprecisioni cui il legislatore ci ha abituato, in questi anni, ad incontrare nel ramo del diritto che disciplina o tenta di disciplinare i veloci mutamenti delle prassi commerciali nei mercati finanziari.
Interviene a modificare il testo unico il d.lgs. n. 164 del 17.9.2007 di attuazione della MiFiD. Questa dissonanza viene corretta; la lettera a del 24 non è più dedicata alla forma del contratto, ma alla specificazione che il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere e non esiste più l’inutile ripetizione sopra portata in evidenza.
È un intervento che, per quanto non necessario, non può che essere salutato con favore stante il tentativo di mettere ordine in una parte del tuf nella quale non esiste un solo catalogo o una sola definizione che non abbia dato adito a dubbi interpretativi con i relativi filoni giurisprudenziali e dottrinali in continuo confronto. Ma lo stesso operatore che prima storceva il naso, si sente oggi tradito da un legislatore puntiglioso nel risolvere un problema vecchio e, in fin dei conti innocuo, ma poco scrupoloso nel crearne di nuovi e più pericolosi. Ci si riferisce, restando alla forma dei contratti relativi ai servizi di investimento e al combinato disposto degli art. 1, 23 e 24 del testo unico, alla poca precisione nell’attribuire il requisito della forma ad substanziam  ai contratti relativi ai servizi di investimento, ai servizi accessori a quelli di investimento, o alle attività di investimento.
Si proceda con ordine; il nuovo art. 1, rubricato “definizioni” elenca oggi, quali sono i servizi e le attività di investimento (non più solo servizi e facendoci rientrare, ovviamente e come prima, anche la gestione di portafogli), fornendo tuttavia un catalogo unico che non consente di distinguere i primi dalle seconde. Al comma 6 della medesima norma si chiarisce quali sono i servizi accessori.
Il nuovo art. 23, dedicato – oggi come ieri - a tutti i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, stabilisce il requisito di forma di cui sopra per tutti i servizi di investimento, escluso il servizio….di consulenza in materia di investimento……e per i contratti relativi alla prestazione di servizi accessori. Dalla lettura di questa norma emerge l’esigenza di risolvere il rebus riguardante l’utilizzo delle parole servizi e attività di investimento; infatti sembra che soltanto i contratti relativi ai primi debbano essere, a pena di nullità, redatti per iscritto.
Si è portati a percorrere due strade, lungo la prima si è tentati a ritenere che i servizi siano quelli del vecchio comma  5 dell’art. 1 e le attività quelle introdotte nel nuovo testo (consulenza in materia di investimenti e gestione di sistemi multilaterali di negoziazione): si commetterebbe un errore. È proprio il dato testuale contenuto nell’art 23 ad indicarci che siamo lontani dalla soluzione corretta; quello di cui all’art.1, comma 5, lettera f è indicato come il servizio. La seconda strada è la solita, quella che ci porta a ritenere che il legislatore distratto incappato nell’ennesima sbavatura letterale, che avrebbe voluto dire servizi e attività e dice solo servizi. Pur restando l’unica soluzione che si riesce qui a proporre si evidenzia un grosso limite. Il legislatore è stato molto preciso nell’apportare le modifiche necessarie a coordinare i commi 4 e 5 di quest’articolo con la nuova definizione del comma 5 dell’art. 1; ha affiancato alla, già esistente parola servizi, la parola attività. In conclusione si evidenzia come resta oggetto di dibattito il contenuto del requisito di forma imposto dal TUF, come modificato dalla norma di recepimento della MIFid, per i contratti relativi ai servizi e alle attività di investimento.

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[1] C. MIRIELLO, La strenua difesa dell’investitore: scandali finanziari e pretese nullità virtuali dei contratti di vendita di titoli obbligazionari, 2005; A. CAGGIANO, I doveri di informazione dell’intermediario finanziario nella formazione ed esecuzione del contratto, violazione e rimedi, in Dir. e Giur., 2006, p. 453; G. GOBBO; C.E. SALODINI, I servizi d’investimento nella giurisprudenza più recente, in Giur. Comm., 2006, p. 5. L. ZITIELLO, La giurisprudenza sul cosiddetto «risparmiotradito», Torino, 2005; GALGANO, I contratti di investimento e gli ordini dell’investitore all’intermediario, 2005, p.889; ROPPO La tutela del risparmiatore tra nullità, risoluzione e risarcimento, 2005, p. 896.