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La globalizzazione dell’informazione: aspetti e riflessioni sull’editoria digitale

Scritto da Martina Zaralli

Nell'era della globalizzazione c'è un nuovo fenomeno di grande importanza: l'editoria digitale. Nato dall'incontro tra informazione e tecnologia, rappresenta il punto di partenza per un viaggio nella riflessione, giuridica e non, dell'adeguatezza delle regole del diritto tradizionale al mondo 2.0.

"L'uomo è animale sociale", scrive Aristotele.

La spinta verso l'aggregazione rappresenta un naturale impulso di ogni uomo e comporta un necessario apparato di regole per orientare comportamenti ed azioni all'interno di qualsivoglia comunità. Il passaggio dall'individualità alla collettività segna, allora, un momento epocale nella storia dell'umanità: l'affermazione del diritto.

L'era della tecnologia e della globalizzazione cibernetica, se, da una parte, ha consentito la duplicazione in chiave digitale della società nella quale viviamo, dall'altra, ha gravato il diritto di una pesante ipoteca; l'asincronia tra sviluppo della tecnica e regole di condotta rischia di far emergere zone d'ombra, dove l'assenza di disciplina diventa complice nella commissione di illeciti.

Riempiono le pagine di cronaca casi frequenti di violazioni della riservatezza dei dati, nonché atti di pirateria informatica: plagio di opere dell'ingegno, per lo più musicali, che minano gravemente i diritti d'autore, siano essi economici o morali.

Prescindendo, però, per un momento dalla tendenziosità con la quale azioni non lecite trovano nel cyberspazio terreno fertile, è doveroso sottolineare come lo stesso ambiente informatico sia luogo, per eccellenza, delle rivoluzioni del nostro tempo.

All'interno dello scenario appena descritto, l'incontro tra informazione e tecnologia ha generato un fenomeno in continua ascesa: l'editoria elettronica. Esso si esteriorizza nei quotidiani on line, riviste telematiche e libri elettronici che ne sono, appunto, gli esempi più noti, e propone, in virtù delle premesse fatte, non solo spunti di riflessione circa l'applicabilità del diritto tipico dei "prodotti cartacei" ai "prodotti digitali", ma evidenzia la necessità di demarcare concettualmente l'ambito ed i confini dei nuovi beni. Tale bisogno, proprio del particolare mezzo nel quale la suddetta editoria nasce e sviluppa, ossia Internet, è confermato dalla considerazione che, così, si attua l'abbattimento delle barriere giuridiche nei diversi campi culturali, sancendo l'affermazione della società globale dell'informazione.

Procediamo per gradi. Una definizione di editoria elettronica, o prodotto editoriale, si ha, per la prima volta, nella l. n. 62/2001. L'art. 1, infatti, inserisce nel genus in esame i prodotti informativi su supporto cartaceo o informatico e pone l'accento sulla modalità di diffusione al pubblico, che avviene, salvo eccezioni, con ogni mezzo, compreso ovviamente quello elettronico.

All'interno dell'editoria elettronica, allora, confluisce non soltanto la pubblicistica ma anche le opere multimediali, pagine scritte e diffuse mediante Internet, le pagine web ed infine tutti gli scritti e le opere che sono registrate ed editate su supporti ottici; i cd-rom e tutto ciò che viene raccolto ed archiviato nelle banche dati elettroniche.

Per chiarezza espositiva, è opportuno specificare che il termine "editoria elettronica" assume una duplice valenza concettuale: quella che qui interessa è caratterizzata da un'estensione più ampia rispetto a quella tecnica. Con quest'ultima, si identificano programmi informatici delle case editrici e delle tipografie. Rilevante, invece, per comprendere il fenomeno in esame, è quello di attività informatica che sostituisce quella dell'editoria classica.

Si assiste, nella prassi, ad una duplice regolamentazione dei fenomeni del mondo digitale: la disciplina nazionale è accompagnata da regole sovranazionali (siano esse comunitarie o internazionali) che, in linea con lo spirito globale, hanno il preciso intento di uniformare canoni e codici di condotta all'interno del cyberspazio, e fornire, agli operatori giuridici, criteri univoci di interpretazione.

A conferma di ciò, per quanto riguarda l'editoria, l'attenzione cade sull'intervento delle istituzioni comunitarie che si palesa nel gennaio 2001, quando viene presentata una risoluzione dal titolo "Risoluzione del paramento europeo sulle nuove frontiere nella produzione libraria: editoria elettronica e stampa su richiesta". Alla Commissione viene chiesto un intervento legislativo al fine di "garantire, una volta che l'editoria elettronica si sarà affermata nell'Unione, la messa a disposizione di fondi per promuovere la pubblicazione di libri in formato elettronico, oltre che per sostenere le forme di editoria tradizionali, e di tutelare una struttura di mercato competitiva per far si che i costi addizionali delle nuove tecnologie non siano troppo onerosi per i piccoli editori".

Parlare di editoria elettronica, con tutte le conseguenze che questa automaticamente genera, comporta l'affermarsi di rumors, intrisi di preoccupazioni, che si sostanziano in asserzioni volte a rimarcare come i new media, ed il connesso abuso delle opere fruibili nella Rete, siano fautori della scomparsa dei vecchi autori e della difficoltà (che si tramuta talvolta in impossibilità) di affermazione anche di nuovi; nonché di questioni circa l'applicabilità della disciplina delle prerogative autoriali alla realtà cibernetica.

Si giunge in tal direzione ad un bivio, non solo giuridico, ma e soprattutto culturale, circa l'approccio alle nuove tecnologie: rendere aderente il diritto, soprattutto quello d'autore, ai nuovi strumenti informatici, oppure continuare ciecamente a difendere quelle aspettative, facoltà, concessioni ancestrali, nella natura e nella modalità di tutela, sorte con le lettres patents, non considerando, volontariamente in questo modo, l'attitudine delle regole a modellarsi in relazione alla repentina mutevolezza sociale.

L'alternativa tra i due scenari è ovviamente, e per fortuna, solo concettuale, essendo l'ultima soluzione prospettata impraticabile per l'impossibilità di non considerare lo sviluppo tecnologico e culturale come la variabile indipendente della storia dell'uomo.

Sposare, però, la prima opzione, comporta delle scelte di campo che non sciolgono i nodi giuridici, ma anzi, spingono verso la nascita di un denso intreccio di relazioni interdipendenti che spaziano dai campi economici fino ad approdare ad ambiti puramente morali.

Recettive e pronte ad affrontare nuove sfide, in vista delle considerazioni appena svolte, sono state le Società d'autore: l'editoria elettronica e il suo sviluppo nelle forme off line ed on line dell'industria culturale, l'Information Technology ed il cyberspazio sono gli elementi del nuovo millennio che hanno giocato un ruolo di propulsori nella volontà delle società in questione di garantire ed assicurare in ogni modo il riconoscimento dei diritti economici e morali agli autori nel nuovo contesto virtuale, proponendo modelli, con le difficoltà tipiche di una regolamentazione unificata anche a livello europeo.

I grandi compiti che spettano alle società d'autore, oltre, ovviamente a quello di ripensare loro stesse in chiave social-digitale, sono quelli della diffusione delle conoscenze e dei comportamenti che autori ed utilizzatori devono tenere per assicurare un proficuo vantaggio ad entrambi, ed infine, ampliare la gamma degli aventi diritto all'interno della protezione autoriale, ossia nei confronti dei nuovi soggetti che si rendono intermediari e responsabili della diffusione della nuova opera digitale quale è, ad esempio, un libro elettronico.

Come precedentemente anticipato, ciò necessariamente si traspone in ambiti economici e morali, per i quali l'editoria elettronica mostra come questi non si trovino, in questo delicato campo d'indagine, in antitesi. Questo fenomeno, sintomatico della crescente digitalizzazione nella quale la società è ormai immersa, è prova di come l'etica negli affari si muova di pari passo con il tema dei controlli e con lo sviluppo di contratti che hanno lo scopo di remunerare il lavoro svolto dall'autore.

Uno dei problemi dell'editoria on-line è, dunque, il necessario bilanciamento di interessi tra prerogative autoriali e estensione del potere di utilizzazione, da parte degli utenti, del materiale informatico reperibile in Rete. Inutile dire che il contemperamento necessario, del quale si sta parlando, invade prepotentemente settori che, grazie ad Internet, sono maggiormente concatenati rispetto al passato: società, economia e diritto mostrano, in tale epoca, confini quanto mai labili.

La Rete ha così prodotto un'inversione di tendenza, la quale, molto spesso, non balza agli occhi in modo evidente ma necessita di una maggior riflessione.

Per comprendere al meglio, è opportuno partire dal fatto che quando si parla di informazione, nell'accezione lata del termine, si pensa istintivamente solamente al dato valoriale che in essa è insito; non si intuisce, invece, almeno all'inizio, l'importanza dell'attività mediante la quale la cultura viene a diffondersi, ossia la sua distribuzione.

Ecco che, in tal direzione, si concretizza, in tutta la sua forza, la rivoluzione telematica: la possibilità per chiunque di beneficiare delle potenzialità dell'infrastruttura tecnologica consente la moltiplicazione delle informazioni in circolazione riducendone, però, il valore economico.

Tale relazione inversamente proporzionale registra, dunque, il cambiamento epocale rispetto al sistema dei mass-media, dove gli elevati costi di distribuzione, e conseguentemente, l'elitarietà degli elementi conoscitivi ne aumentava notevolmente il valore.

Perché parlare di relazione tra distribuzione e informazione? Non certamente per esercizi di retorica, bensì per capire la pericolosità che si nasconde in tale rapporto, qualora le legislazioni propendano per la tutela delle prerogative autoriali e quindi, elevino il parametro economico ad unico elemento bisognoso di protezione. Il rischio, infatti, è quello che discipline di chiaro stampo protezionistico inducano, suggestivamente, a strumentalizzare le potenzialità della Rete per il compimento di attività illecite di contraffazione.

In ogni questione suggerita dallo sviluppo tecnologico, che si inserisce all'interno della più ampia evoluzione della storia dell'uomo, fermo l'assunto che il diritto è l'espressione massima della disciplina delle relazioni sociali, e che quindi dovrebbe, almeno tendenzialmente, mostrarsi duttile alle diverse dinamiche generate da mutamenti di costumi e di usi, è opportuno cogliere, sensibilmente, spunti di riflessione dettati dall'era 2.0. Diversi, infatti, sono i mutamenti prodotti dall'avvento di Internet: dal modo di comunicare, il più evidente, all'emersione di nuove figure professionali, nonché alla delineazione di fattispecie criminose.

Alla base della rivoluzione informatica e comunicativa, che connota il tempo e lo spazio del XXI secolo, si pone, dunque, il concetto di "digitale". Il semplice soffermarsi, però, sull'etimo inglese della parola "digit", sebbene necessario per comprendere tecnicamente il fenomeno, mostra come l'operazione sia lacunosa o insufficiente al fine di cogliere le implicazioni pratiche (in termini di vantaggi e pregiudizi) che ciò importa su di un livello tecnico, ma anche e soprattutto, per il tema che qui interessa, su di un livello giuridico.

La capacità di semplificazione connaturata al mondo digitale è ben tangibile nella vita quotidiana: si assiste a "Routine Digitali" che non stupiscono più nessun individuo dato l'elevato numero di occasioni nelle quali, meccanicamente ed inconsciamente, si offrono ad ogni singolo operatore.

Stupori sorgono, invece, quando si osservano le conseguenze che ciò produce nel DNA giuridico della società tecnologica. Trattasi di conseguenze che attentano alla natura più intima del diritto, in tutte le sue sfaccettature, a concetti, come nel nostro caso, di creazione intellettuale, intorno ai quali ruota l'intera disciplina di tutela delle prerogative degli autori.

La possibilità di rappresentare il mondo seguendo il linguaggio cifrato di zeri e di uno, appunto il c.d. "digit", consente da un lato una più rapida circolazione della forma espressiva, ma dall'altro richiede una nuova definizione di opera dell'ingegno.

La nozione tradizionale appare più che mai anacronistica ed inadeguata: l'oggetto della disciplina autoriale risulta, dunque, implicitamente mutato in termini decisamente più ampi rispetto al passato (esempi ormai classici del fenomeno in continua evoluzione sono il software o le banche dati), travolgendo in questo modo anche il bisogno di ridefinire un altro assunto caro alla tradizione giuridica: quello dell'autore.

E' sicuramente un'opera dell'ingegno un particolare bene che si sta a affermando grazie alla nuova editoria: l'e-book. Per definizione, esso è sostanzialmente un libro. E' arricchito da tutte le potenzialità e funzioni rese possibili dal linguaggio informatico; non è il puro trasferimento del libro cartaceo in chiave digitale, ma comunque eredita dalla tradizione tutte le caratteristiche: struttura in capitoli e paragrafi, presenza di un indice e "quel qualcosa in più", come si evince dal prefisso e-.

Viene, allora, a snodarsi attraverso un gioco di sovrapposizioni la verifica dell'adeguatezza concettuale e giuridica delle vecchie regole al nuovo mondo, al fine di evitare che la sinergia tra idee e tecnica si riduca a mero vuoto legislativo.

Contestualizzato ciò nell'editoria digitale, e posto il fatto che il libro elettronico ne rappresenta il prodotto più interessante, il giurista deve interrogarsi sulla sua natura, saggiandola sugli assunti contenuti nel testo, che nell'ambito delle opere dell'ingegno e dei relativi diritti, ne rappresenta la pietra miliare. E' evidente, alla luce della legge 633/1941 (l.d.a), che l'espressione in forma digitale, il fatto che risulti essere composto da diverse opere protette dal diritto d'autore e che necessiti di un software per funzionare, lo riconduca alla specie delle opere multimediali.

Si impone, però, un'ulteriore specificazione classificatoria dettata dall'assenza, all'interno della disciplina tradizionale delle opere dell'ingegno, di una siffatta tipologia di beni. Ovviamente, si deve rifiutare aprioristicamente l'ipotesi di escludere dalla protezione l'opera multimediale solo perché espressamente non contemplata. Grazie a ragionamenti di tipo analogico, infatti, è possibile inquadrarla all'interno di categorie conosciute e disciplinata dalla l.d.a che si caratterizzano per essere frutto del lavoro di più autori: le opere collettive o le opere composte.

In tale ultima direzione parte della dottrina è ferma nel sostenere che l'opera multimediale, sebbene potrebbe contenere anche creazioni preesistenti, deve essere il risultato di un'attività di elaborazione volta a sintetizzare originalmente prodotti intellettuali vecchi e nuovi. Certo, si potrebbe comunque obiettare che, qualora un libro elettronico venisse creato da un solo soggetto, verrebbe meno la riconduzione automatica di quest'ultimo all'interno dell'alveo delle opere plurisoggettive. L'ipotesi, sebbene poco frequente (in quanto raramente l'autore apparirà poco propenso ad inserire contenuti ipertestuali frutto del lavoro di altri soggetti, data l'attitudine dello stesso e-book a contenerli, o raramente accadrà che uno stesso autore sia al contempo in grado di realizzare il software - tratto caratteristico di funzionamento dell'opera multimediali-, ideare i contenuti e realizzarne la produzione) non può che trovare soluzione optando per interpretazioni analogiche.

Il tal direzione si considera l'opera multimediale non come un prodotto che, a livello autoriale, si possa annoverare tra quelle collettive, bensì si considera l'opera multimediale in quanto tale.

Cosa vuol dire: il bene in questione troverà sempre e comunque una disciplina all'interno della l.d.a. ma porrà le basi su di un altro paradigma, anch'esso precedentemente menzionato, ossia il carattere non tassativo dell'elencazione sancita all'art. 2 (della legge n. 633/1941) circa l'oggetto del diritto d'autore, nozione volutamente elastica proprio per risolvere, in chiave interpretativa, questo ed altri problemi generati dallo sviluppo sociale e tecnologico.

Merita un breve cenno, per la suggestione che questa produce, la tesi che vuole in realtà assimilare l'opera multimediale all'opera letteraria sulla base del fatto che il lavoro intellettuale si presenterebbe come un insieme di dati omogenei "scritti in forma digitale". La tesi è confutata proprio dallo stesso aspetto semplicistico nel quale si presenta: il codice, analogico o digitale, che è alla base di una determinata opera incide sulla sua rappresentazione ( da un punto di vista fenomenico e non come inteso dalla l.d.a. in tema di diritti economici) e non sulla sua natura.

In dottrina sono state avanzate teorie volte ad identificare i prodotti dell'editoria elettronica come particolari forme di banche dati. Quest'ultima, concettualmente, si mostra come "una raccolta di opere, dati od altri elementi indipendenti sistematicamente e metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo", dove l'interattività (per la presenza di links), e la necessità di un software per il suo funzionamento ne rappresentano le peculiarità tecniche. I confini tra banca dati ed opera multimediale non sono ben delineati all'interno dell'ambiente informatico: natura digitale del bene ed il bisogno di un programma per poterne fruire sono, infatti, i maggiori punti di contatto.

Intuitivamente, però, parrebbe più opportuno ricondurre alla banca dati un altro prodotto della forma di editoria in esame: il giornale telematico ( e non l'e-book). Tale facilità di riconduzione è data dall'assemblaggio di notizie, l'accesso individuale dell'utente e la presenza di connessione logiche che relazionano le diverse informazioni; caratteristiche tipiche di un quotidiano on- line che ne mostrano un contenuto compilativo analogo a quello di una banca dati.

Ricordando il fatto che il libro elettronico è, prima di tutto, un libro, questo può comporsi di diversi apporti e quindi essere considerato come un'opera collettiva; ma, anche in tal caso emerge sempre una struttura, una linea unitaria dell'opera che difficilmente si ravvisa all'interno di un quotidiano on-line. In quest'ultimo, i links ne costituiscono parte integrante, ne rafforzano l'aspetto frammentato, e non invece, come nell'e-book, un accessorio per ampliarne le funzionalità.

Dalla necessità della qualificazione di ogni bene oggetto di protezione si evince un elemento significativo. Al di là della circostanza che l'attività doverosa di inquadramento giuridico di beni che emergono e si sviluppano in linea con l'evoluzione tecnologica possa manifestarsi più complessa, non comporta la delineazione di nuove regole, bensì conferma la solidità di alcuni postulati del diritto.

Si parla di principi propri di ogni ordinamento e necessari per la validità normativa, primo fra tutti quello della certezza del diritto, assunti questi che, oggi più che mai, si esplicano non solo nell'accezione spiccatamente giuridica, bensì sociale ed etica.

Autorevole dottrina sostiene che "ai tre elementi del concetto di diritto, efficacia sociale, giustezza materiale e positività conforme all'ordinamento, corrispondono tre concetti di validità: quello sociologico, etico e giuridico".

Viene così spiegato che il concetto sociologico di validità si ha quando una norma viene osservata o ne è sanzionata la sua inosservanza; su di un piano etico ciò si ha, invece, quando la regola è accettata moralmente.

Sulla terza declinazione, ossia quella giuridica, si osserva come questa vada ad abbracciare i precedenti: una norma può essere giuridicamente valida quando è accettata dalla collettiva perché riconosciuta come moralmente giusta, mostrando così la natura sistematica del diritto che si compone, ed al contempo racchiude, postulati della sociologia e dell'etica.

C'è però un fenomeno che li ricomprende tutti: la globalizzazione. Quest'ultima ha abbattuto barriere di qualsiasi tipo ed ha elaborato nuovi parametri e criteri sui quali si misura, ad oggi, ogni aspetto della vita sociale, culturale ed economica.