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Brevettabilità “illimitata” del software: “torno a settembre”

Scritto da Gaetano Dimita

Forse aveva ragione il professore J.A.L. Sterling, quando a lezione paragonava a King Canute coloro i quali "lottano" per strappare i programmi per elaboratore alla tutela d'autore ed inserirli a pieno titolo nelle tematiche brevettuali. King Canute è un re sassone entrato nel frasario comune come sinonimo di chi si scontra con l'inevitabile. Si narra che, stanco della continua esaltazione della sua onnipotenza, per dimostrare a tutti l'infondatezza della credenza, si fece portare con tutto il trono in riva la mare e urlò "fermatevi onde": le onde, naturalmente, non si fermarono.

Una sensazione molto simile deve aver provato Arlene McCarty, la contestata relatrice di una della più criticate tesi sui brevetti, che aveva dichiarato che il provvedimento sulla brevettabilità "illimitata" del software sarebbe stato votato non oltre il 30 giungo 2003 ed è stata travolta dalle onde. Il 30 giugno è passato e il provvedimento non è stato votato. Purtroppo non si tratta di un risultato definitivo: la discussione è stata solo rimandata alla data originale (settembre) per non meglio chiariti problemi di opportunità.

A settembre, quasi certamente Ms McCarty e le grandi lobby industriali (leggi King Canute) potranno dimostrare la loro onnipotenza, come da tempo agognavano, urlando "fermatevi onde" e tornando a casa perfettamente asciutti.

L'unica speranza (probabilmente vana) è che Stalman e il suo GNU project, Barlow e la professoressa Samuelson della Electronic Frontier Foundation, la Foundation for a Free Information Infrastucture e la EuroLinux Alliance riescano a far valere le proprie opinioni: secondo loro lo strumento adatto per proteggere il software è il diritto d'autore/copyright, non il brevetto.

Apparentemente tutti coloro si occupano di software, sia in America (dove l'incubo è già realtà) sia in Europa (dove l'evento è registrato come un "coming soon"), sono contrari alla brevettabilità del software, tranne alcune grandi corporations e molti avvocati.

Il problema è molto complesso e, nonostante da una rapida ricerca bibliografica appaia che più o meno "tutti" abbiano scritto sull'argomento, non abbastanza chiaro. E' ormai accettato che l'inserimento del software nella tutela d'autore fu un errore, ma la tutela brevettuale, così come proposta dalla futura direttiva (brevettabilità illimitata anche per le singole porzioni di programmazione) potrebbe rappresentare una catastrofe. Forse l'unica vera soluzione sarebbe rappresentata da una protezione del software sui generis, così come proposto nel 1994 da Pamela Samuelson, Randall Davis, Mitchell D. Kapor, & J.H. Reichman nel loro "The Manifesto", ma a distanza di nove anni l'idea sembra essere stata abbandonata per ... "mancanza di adepti".