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I rapporti informali tra il Presidente della Repubblica e gli altri organi costituzionali

Scritto da Francesca Chiarelli

 

Il tema dei rapporti informali tra il Presidente della Repubblica e gli altri organi costituzionali, in special modo il Governo, risulta particolarmente difficile da analizzare in quanto tali interventi sono suscettibili di esprimersi nelle forme più diverse (colloqui, lettere, incontri) e, per lo più, non vengono resi noti all'opinione pubblica: infatti, stante il loro carattere normalmente riservato, risulta difficile risalire al concreto atteggiarsi di detti rapporti, in mancanza di una volontà di questi organi di renderli noti [1]. Nella maggior parte dei casi il Capo dello Stato lascia solo “intravedere” all'opinione pubblica l'oggetto dei suoi colloqui, attraverso gli scarni comunicati degli uffici stampa del Quirinale. [2]
Nel corso dei rapporti informali che “nella sua veste di garante del rigore costituzionale” [3], intrattiene con gli altri soggetti politici, il Presidente della Repubblica ammonisce, consiglia, esprime il suo dissenso, manifesta le sue osservazioni, suggerisce modifiche al contenuto degli atti sottoposti alla sua firma, esercita un'opera di mediazione per alleviare la conflittualità tra le forze politiche, esterna le sue opinioni su provvedimenti o decisioni di rilevanza politica [4]; tali attività, di cui tutti i Presidenti della Repubblica che si sono succeduti hanno fatto un largo uso, permettono di instaurare mediante rapporti collaborativi, un canale privilegiato di dialogo, che va al di là dell'uso degli strumenti formali previsti dalla Carta costituzionale. [5] Si è andata così determinando una fitta ed articolata trama di collegamenti informali, con il Governo soprattutto, ma non esclusivamente, che ha consentito al Presidente della Repubblica non solo di tenersi costantemente informato, ma anche di far conoscere agli organi cui compete di decidere le proprie osservazioni ed i propri dubbi, richiamandoli ad un attento rispetto del testo costituzionale o dando suggerimenti in merito all'opportunità del provvedimento. [6] Inoltre gli interventi informali sono anche diretti a prevenire o risolvere “in via breve e riservata” [7] divergenze, conflitti e qualche volta contrasti tra i soggetti politici. [8]
Tali atti informali identificano quella che è stata definita [9] attività di “ manifestazione ”, e cioè attività di esercizio dei “poteri di impulso e persuasione” frutto della collaborazione che lega il Presidente della Repubblica agli altri soggetti politici.
Proprio perché si tratta di un'attività informale, non è disciplinata dal diritto, nel senso che nell'ordinamento non sono presenti norme che “formalizzano” e “procedimentalizzano” i rapporti “in via riservata”.
[10]
Si deve ritenere che, tutte le volte in cui il Presidente della Repubblica interviene utilizzando gli strumenti formali previsti dall'ordinamento, ad esempio negando la propria autorizzazione a presentare un disegno di legge del Governo o procedendo a richiedere un riesame della legge, ciò significa che i suoi moniti, le sue indicazioni, i suoi consigli, non sono stati recepiti, cioè le relazioni “ silenziose” [11] dimostrano di non aver funzionato.
Di questi interventi presidenziali “per le vie brevi”
[12] si è fatto spesso riferimento nei capitoli precedenti; in alcuni casi, in realtà non molti, come abbiamo visto, viene data pubblicità allo scambio di lettere, di opinioni, alle conversazioni ed agli incontri tra Presidente della Repubblica e Governo e, di conseguenza, l'opinione pubblica è messa in grado di conoscere in maniera precisa se e in che misura sia stato eventualmente esercitato un potere di influenza sull'attività legislativa.
Gli interventi informali del Capo dello Stato possono riguardare diversi momenti temporali del procedimento di formazione di una legge. Per quanto riguarda la fase dell'iniziativa legislativa del Governo, di solito il Presidente della Repubblica anziché rifiutare l'autorizzazione alla presentazione di un disegno di legge governativo, nel caso in cui esso manifesti profili di illegittimità o di inopportunità, ha preferito firmare l'atto e contestualmente rendere note al Governo le sue perplessità in modo che esso se ne facesse carico durante la fase di discussione e di approvazione del disegno di legge in Parlamento.
[13]
In altri casi, soprattutto durante il settennato di Pertini e nel caso in cui i dubbi presidenziali fossero maggiori, il Capo dello Stato ha optato per il rinvio dei disegni di legge al Governo con richiesta di riesaminarli. In questo modo, infatti, pur non bloccando l'iniziativa legislativa del Governo, il Presidente induce e stimola il Governo a correggere i vizi riscontrati, obbligandolo così alla riflessione.
Oltre che nella fase preventiva dell'iniziativa, gli interventi presidenziali in merito al procedimento di formazione delle leggi sono numerosi durante l' iter parlamentare di approvazione, in alcuni casi incidendo concretamente sul contenuto e la formulazione di alcune fra le leggi più controverse.
[14]
Infatti, i Presidenti della Repubblica hanno tentato di prevenire i possibili casi di rinvio “tramite un'incessante attività di limatura, di convincimento”
[15], di persuasione, svolgendo a pieno la funzione di moderatore fra le varie forze politiche. In questo caso il Presidente della Repubblica lascia al Governo la libertà di valutare i rilievi critici mossi al disegno di legge, senza per altro rinunciare ad un eventuale rinvio del provvedimento ormai approvato, in sede di promulgazione: tale linea di condotta del Presidente della Repubblica può sortire effetti positivi a condizione che il Governo accolga i rilievi presidenziali e li faccia propri; altrimenti il controllo del Capo dello Stato resta privo di ogni effetto utile e i difetti fatti rilevare in via informale potranno rappresentare la motivazione di un eventuale messaggio di rinvio. [16]
Il Capo dello Stato, seguendo “da vicino” l' iter di alcune leggi, soprattutto quelle di particolare significato istituzionale o quelle che esprimono un forte tasso di conflittualità politica, svolge una vera e propria funzione di moral suasion nei confronti della maggioranza di Governo, pronunciandosi, mediante relazioni informali, “sulla praticabilità costituzionale ” di determinate soluzioni legislative.
[17]
Ad esempio, nel corso dell'approvazione del cosiddetto “Lodo Schifani” (L. 140/2003)
[18] e della legge in materia di legittimo sospetto (L. 248/2002, meglio conosciuta come “legge Cirami”, dal nome del parlamentare proponente) [19] numerosi sono stati i rapporti informali intercorsi tra il Presidente Ciampi ed il Governo.
In relazione a quest'ultima legge, tutti i passaggi parlamentari furono accompagnati da voci di interventi presidenziali, “ ripresi ed esaltati” dalla stampa.
[20] E' inevitabile che in tale contesto, dopo una simile “gestazione concertata” [21] ed enfatizzata dalla stampa, si era andata diffondendo la convinzione presso l'opinione pubblica che il Presidente della Repubblica non avrebbe potuto ricorrere al rinvio [22].
E' interessante sottolineare come, durante l'intera fase di discussione e di approvazione della legge, non è mai emerso niente di ufficiale: tutti i contatti tra Presidenza della Repubblica e Governo si sono svolti “ all'insegna di una diplomazia riservata”.
[23]
Questa attività di persuasione del Presidente della Repubblica, se da una parte presenta il risvolto positivo di contribuire ad incrementare il rapporto dialettico tra gli organi politici, d'altra parte spesso espone il Presidente della Repubblica a dover giustificare dinanzi all'opinione pubblica, che poco conosce in merito al contenuto delle attività riservate del Presidente della Repubblica, la sua scelta di procedere alla promulgazione della legge, come ad esempio è accaduto per quanto riguarda il “lodo Schifani”.
Di questa legge, infatti, Ciampi ha seguito la genesi sin dalla prima bozza predisposta dal deputato Maccanico, poi lasciata cadere, esercitando quella che qualcuno definisce una “vigilanza preventiva”
[24] che si è tradotta in consigli, suggerimenti e modifiche “in modo che la norma risultasse accoglibile dal Presidente della Repubblica”. [25] Il Capo dello Stato ha infatti preferito intervenire politicamente nella fase di approvazione piuttosto che ricorrere allo strumento del rinvio in fase di promulgazione.
Nonostante il clima di forte pressione nei confronti del Capo dello Stato affinché la legge fosse rinviata, Ciampi ha deciso di non chiedere il riesame e di procedere alla promulgazione solo due giorni dopo l'approvazione da parte delle Camere: questa decisione, oltre ad essere dipesa da una valutazione (confortata dal parere di quattro Presidenti emeriti della Corte costituzionale) sulla costituzionalità della legge, è stata determinata anche dalla volontà di non accentuare la tensione fra le forze politiche.
[26]
Infine, sempre nel corso della Presidenza Ciampi, gli organi di stampa
[27] hanno riportato la notizia dell'intervento da parte del Capo dello Stato affinché venissero modificate alcune disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2003, più specificatamente le norme in materia di concordato fiscale. A seguito del suggerimento di Ciampi, è stata sospesa la seduta al Senato per predisporre una riformulazione delle disposizioni sugli effetti penali del condono, oggetto delle perplessità che sarebbero state espresse dalla Presidenza della Repubblica. Il condizionale è d'obbligo in quanto, al di là delle notizie apparse sulla stampa, non è stato reso pubblico il contenuto dei colloqui o delle lettere tra Capo dello Stato e Governo. [28]
In conclusione, è stato messo in evidenza come si sia assistito ad un diverso atteggiarsi dei rapporti informali tra Presidente della Repubblica e Governo. Mentre nella prima parte del settennato di Ciampi, sembra che la gestione dei rapporti con il Governo si sia limitata ad una “ discreta e prudente mediazione svolta in modo per lo più informale e riservato”
[29], negli ultimi anni, soprattutto a seguito del messaggio alle Camere del 23 luglio 2002, si è assistito ad una maggiore pubblicità degli interventi presidenziali che sono apparsi più incisivi, in particolare nel momento in cui oggetto di discussione sono state leggi di rilevante valore politico per la maggioranza. [30]
Infine, a partire dalla Presidenza Pertini, ha trovato conferma anche la prassi relativa agli interventi in sede di promulgazione delle leggi: lo scarso numero delle leggi rinviate, ad eccezione della Presidenza Cossiga che ha modificato questa tendenza, si spiega con il fatto che, spesso, quando ci si è trovati di fronte ad atti di particolare importanza, come le leggi che rappresentano provvedimenti essenziali per la realizzazione dell'indirizzo politico della maggioranza, il Capo dello Stato abbia preferito non rinviare, bensì ricorrere a procedure informali attraverso le quali manifestare il proprio dissenso, come, ad esempio, l'uso di lettere inviate al Governo, all'atto della promulgazione, per richiamare l'attenzione al fine di farsi promotore di atti idonei a sanare i vizi riscontrati nelle legge.
Ad esempio, il Presidente Ciampi, all'atto della promulgazione della legge di conversione del decreto legge n. 63/2002, ha accompagnato la firma dell'atto con una lettera inviata al Presidente del Consiglio in cui chiedeva “ interventi correttivi” per garantire che alcuni beni appartenenti al patrimonio dello Stato non potessero essere alienati. In questo caso il ricorso alle vie informali ha permesso al Presidente della Repubblica di intervenire nell'ambito del procedimento legislativo, ma senza arrestarne il corso (tra l'altro, pochi mesi prima, Ciampi aveva rinviato la legge di conversione del decreto legge n. 4/2002, comportandone la decadenza).
Se quindi gli strumenti informali permettono, attraverso il dialogo ed il confronto, di evitare il conflitto istituzionale tra organi e di non contribuire ad incrementare la tensione politica fra maggioranza ed opposizione, d'altra parte, la mancata formalizzazione delle iniziative assunte dal Capo dello Stato in materia di rinvio e di autorizzazione e la fitta coltre di riservatezza che le caratterizza, mal si concilia col principio democratico.
[31]
Si avverte dunque l'esigenza che la regola del silenzio e della riservatezza lascino spazio ad una maggiore trasparenza nei rapporti tra Presidente della Repubblica e Governo, rendendo noti i rispettivi interventi e dando pubblicità a tali attività “riservate”: tale esigenza di una maggiore chiarezza e trasparenza deriva anche dal fatto che spesso gli organi di stampa enfatizzano ed esaltano ogni intervento presidenziale.
[32]
In alcuni casi, viene data pubblicità agli interventi informali del Presidente della Repubblica, attraverso la pubblicazione di lettere o telegrammi inviati dal Presidente ai soggetti politici
[33]: in questo modo all'opinione pubblica viene data la possibilità di conoscere il senso complessivo dei suoi interventi, soprattutto nei casi in cui, con essi, il Presidente prende posizione su temi che investono la politica nazionale.
Sarebbe forse opportuno che il Capo dello Stato, qualora non ritenesse di rendere di pubblico dominio le proprie osservazioni critiche, le partecipasse, comunque, ad alcuni degli organi che intervengono nel complesso procedimento legislativo, nella sua fase costitutiva, e le comunicasse anche all'organo che in via successiva ed eventuale potrà accertare la conformità dell'atto legislativo, ormai approvato, alla Costituzione. Ci si riferisce, in particolare, ai Presidenti di Camera e Senato, cui sono trasmessi i disegni di legge, ed alla Corte costituzionale.
[34]
In conclusione, quindi, difficilmente l'attività di “consigliere” del Presidente della Repubblica tende a formalizzarsi in atti soggetti a controfirma, esplicandosi piuttosto tramite atti informali: se da una parte ciò comporta che venga privilegiato “quel rapporto di cordiale, ma attenta e anche severa cooperazione”
[35], d'altra parte gli ammonimenti del Presidente della Repubblica, in quella sede, risultano del tutto privi di vis giuridica: non possono infatti assumere profili di ufficialità e “ pretese di obbligatorietà che la rendano alternativa ed equivalente a quella posta in essere dagli organi costituzionali politici nell'esercizio delle loro attribuzioni formali” [36].
L'iniziativa informale non deve però essere considerata uno strumento privo di effetti: la sua capacità di incidere sull'attività degli altri organi “ si fa particolarmente apprezzare proprio nella considerazione che essa fa leva su argomenti di ordine latamente politico o politico-istituzionale” ; inoltre, le manifestazioni più frequenti ed efficaci di “potere presidenziale” sono proprio quelle che non si formalizzano e che, anzi, pur se rimangono allo stato “fluido”, si esprimono lungo canali sotterranei; in questo modo sono resi permanentemente mobili e flessibili le relazioni con Governo e Parlamento. L'eventuale pubblicazione delle lettere fa sì che il dialogo si allarghi direttamente ed immediatamente alla comunità.
Quindi gli interventi informali diventano di particolare rilievo sul piano politico, “proprio in considerazione dell'autorevolezza della sede da cui proviene e della sua particolare rappresentatività”.
[37]


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[1] “Lo scrittoio del Presidente” del Presidente della Repubblica Einaudi rappresenta un'eccezione.

[2] Cfr. sul punto Gianfranco Pasquino, La politica italiana. Dizionario critico 1945-95, Editori Laterza, Bari, 1996, pp. 111 ss.

[3] Temistocle Martines, Il potere di esternazione del Presidente della Repubblica, in La figura e il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano, Atti di un convegno (Messina-Taormina 25, 26 e 27 ottobre 1984), Giuffrè, Milano, 1985, p. 144.

[4] Secondo Mario Dogliani, Il ‘potere di esternazione' del Presidente della Repubblica, in Il Presidente della Repubblica, a cura di Massimo Luciani e Mauro Volpi, Il Mulino, Bologna, 1997, pp. 238-239, “ questo complesso di attività informali volte ad influenzare un processo politico suscettibile di portare alla formazione di un atto controfirmabile, o ad influenzare il comportamento di altri organi costituzionali al di fuori dell'ambito dei poteri riconosciuti al Presidente corrisponde...all'attività di indirizzo politico” che esercita il Presidente della Repubblica nei confronti degli altri organi istituzionali.

[5] Ibidem. I rapporti informali sono espressione di una costante e minuziosa attività di informazione, di consiglio, di stimolo, “che altrimenti sarebbe espressione di un ruolo destinato a restare nell'ombra, a non apparire se non in precisi momenti e soltanto nell'atto formale che da quella attività nascosta ha avuto origine”, così Flavia Dimora, Alla ricerca della responsabilità del Capo dello Stato, Giuffrè, Milano, 1991, p. 65.

[6] Tali rapporti informali sono frutto di una relazione “ conseguente allo svolgimento di quel compito di assistenza, che si estrinseca nell'assunzione di informazione “minutissima”, e poi nel controllo consultivo, nella vigilanza…”, Giovanni Motzo, (voce) Messaggio, in Enciclopedia del diritto , vol. XXXVI, Giuffrè, Milano, 1976, pp. 146 ss.

[7] Temistocle Martines, op. ult. cit., p. 144.

[8] Come sottolineato dal Presidente della Camera Pierferdinando Casini in un articolo apparso su La Repubblica , 15 agosto 2002 e poi inserito in Rassegna parlamentare, 1/2003, pp. 225-229, “il ruolo stesso degli organi di garanzia presuppone che, accanto alle manifestazioni più visibili dell'esercizio delle loro funzioni, essi cerchino di sciogliere i nodi delle vicende istituzionali, con un'azione discreta, dietro le quinte, facendo leva sulla capacità di ‘moral suasion' che è tanto più incisiva quanto più essi sono in grado di rappresentare gli interessi duraturi delle istituzioni”.

[9] Temistocle Martines, Il potere di esternazione del Presidente della Repubblica, in La figura e il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano, op. cit., p. 144.

[10] Si tratta infatti di un' ”attività conoscibile solo attraverso i suoi sintomi” e “costituisce il prius delle attività costituzionali (ciò che le muove e le orienta)”, Mario Dogliani, op. cit., p. 239.

[11] Giovanni Motzo, op. ult. cit., p. 29.

[12] Così li definisce Carlo Fusaro, Il Presidente della Repubblica, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 93.

[13] Ad esempio, durante la Presidenza Pertini , il Capo dello Stato è intervenuto per segnalare al Presidente del Consiglio, con una lettera del 16 maggio 1982, “ una forte perplessità a riguardo della norma formulata con il secondo comma dell'art. 4 (del disegno di legge concernente il “Contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli regionali”) che sembra integrare una sostanziale delega al Ministro del Tesoro per effettuare riduzioni di spese al di là di quelle già individuate nei precedenti articoli del disegno di legge”. Di lì a poco (il 1° giugno 1981) si ebbe la risposta del Presidente del Consiglio, in cui si comunicava, anzitutto, al Capo dello Stato che il disegno di legge in questione era stato ritirato e sostituito con un decreto legge “ di identico contenuto ”, e che, per altro, “ il predetto secondo comma dell'art. 4 era stato eliminato dal testo dello schema del decreto legge”.
In un altro caso il Presidente della Repubblica ha lamentato il ritardo con cui si era giunti all'iniziativa legislativa del Governo, nonostante le “ reiterate sollecitazioni” che lui stesso ebbe occasione di rivolgere a tale organo. Giovanni Guiglia, L'autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge governativi, cit., ha dedicato ampia parte del lavoro alla Presidenza Pertini e soprattutto alla prassi dei rilievi informali sulle leggi all'atto della promulgazione; tutti i testi delle lettere inviate dal Presidente Pertini al Governo sono riportate nell'appendice del citato volume.

[14] Ad esempio, il Presidente Pertini formulò dei suggerimenti (con una lettera del 28 settembre 1981) a margine di un disegno di legge teso al riordino della normativa che regola la pubblicazione delle leggi: il Presidente della Repubblica prospettava “ la opportunità di introdurre una modifica anche nella formulazione delle premesse che seguono la intestazione dei Decreti del Presidente della Repubblica” ( sostituire all'antica formula “Sentito il Consiglio dei Ministri”, l'espressione “Vista le deliberazione del Consiglio dei Ministri”). A seguito dei suggerimenti del Presidente della Repubblica, l'allora Presidente del Consiglio Spadolini dispose con una circolare che, qualora il decreto fosse sottoposto all'approvazione del Consiglio dei Ministri, venisse inserita nelle premesse la formulazione indicata dal Capo dello Stato.

[15] Giacomo D'Amico, Il Presidente Ciampi, il c.d. lodo Schifani e la favola della volpe dalla coda mozza”, in www.forumcostituzionale.it

[16] Si tratta dell' “intreccio continuo tra poteri informali e poteri formali ” di cui parla Enzo Cheli, Tendenze evolutive nel ruolo e nei poteri del Capo dello Stato, in La figura ed il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano. Atti di un convegno , cit., p. 96.

[17] Claudio De Fiores, Il rinvio delle leggi tra principio maggioritario ed unità nazionale, in Rivista di Diritto Costituzionale , 1/2003, p.214.

[18] Tale legge ha introdotto una speciale causa di sospensione del processo penale che si svolga nei confronti delle “alte cariche dello Stato” (ossia, del Presidente della Repubblica, dei Presidenti di Camera e Senato, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente della Corte costituzionale), in ogni fase, stato e grado del processo e per qualsiasi reato, anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica e della funzione, e fino alla cessazione delle medesime.

[19] Tale legge ha modificato la disciplina del codice di procedura penale in materia di rimessione del processo, introducendo la possibilità di ottenere lo spostamento della sede giudiziaria competente per territorio nell'ipotesi di “legittimo sospetto” di parzialità dell'intero organo giudicante.

[20] Cfr, Marzio Breda, Il Quirinale ha fatto cambiare cinque punti chiave, Ciampi firmerà , in Il Corriere della sera, 6 novembre 2002 in cui sono indicati con precisione tutte le modifiche al disegno di legge a seguito degli interventi di Ciampi e Silvio Buzzanca, Legge Cirami, Ciampi insiste: l'emendamento si deve fare, in La Repubblica , 28 settembre 2002. Secondo l'A. dell'articolo “ il Presidente della Repubblica non ha dubbi: la legge Cirami deve essere e sarà modificata…per arrivare alla fine ad un testo che Ciampi firmerà senza problemi”. Secondo l'articolo erano già pronte tre nuove proposte di modifica della Cirami, “ in omaggio all'opera di persuasione del Quirinale”. Contrario invece agli interventi informali durante l' iter legis, Gianfranco Pasquino, Quei delicati equilibri tra Colle e Parlamento, in Il Sole 24 ore, 10 novembre 2002 secondo il quale “ meglio sarebbe stato che il Presidente della Repubblica lasciasse libero sfogo al percorso parlamentare e intervenisse unicamente, come gli compete, nel momento della promulgazione”.

[21] Ibidem.

[22] Secondo Claudio De Fiores, Il rinvio delle leggi tra principio maggioritario ed unità nazionale, cit., p. 214 il Presidente della Repubblica dovrebbe “ limitarsi ad ‘evocare' (in negativo) gli aspetti di un progetto di legge che suscitano in lui maggiori perplessità sul piano costituzionale, evitando di definire puntualmente (in positivo) i contenuti che la legge dovrà assumere. Suscita…perplessità la presentazione in Parlamento di emendamenti redatti ‘sotto dettatura” del Capo dello Stato. E' quanto è avvenuto (secondo la versione pressoché unanime fornita dai mezzi di informazione ed emersa anche nel corso del dibattito parlamentare) in occasione della discussione del progetto di legge sul legittimo sospetto”.

[23] Ibidem.

[24] Marzio Breda, Via libera dal Colle. Arriverà presto la firma di Ciampi, in Corriere della sera, 19 giugno 2003 secondo il quale “gli uffici giuridici del Colle quella legge la conoscono bene e ne hanno già soppesato ogni aspetto”.

[25] Ibidem.

[26] Per una ricostruzione dell'intera vicenda cfr. Francesco Sacco, La prassi della Presidenza Campi nei primi cinque anni del mandato, in Giurisprudenza costituzionale, 3/2004, pp. 2157-2160; per un puntuale commento all'intervento di Ciampi, cfr. le osservazioni critiche di Giacomo D'Amico, Il Presidente Ciampi, il c.d. lodo Schifani e la favola della volpe dalla coda mozza, cit.
Oltre alle critiche di cui il Presidente è fatto bersaglio da parte dell'opposizione e di parte della pubblica opinione, Ciampi si è trovato a dover giustificare le ragioni della sua scelta in un intervento occasionale, in risposta ad un'imprevista domanda di una studentessa dell'Università di Berlino: il Presidente della Repubblica ha tenuto a precisare che, secondo il testo costituzionale, “decisioni, valutazioni e giudizio di rispondenza delle leggi alla Costituzione competono alla Corte costituzionale, Il Presidente della Repubblica solo in caso di manifesta non costituzionalità delle leggi rinvia quelle leggi al Parlamento, che può però riapprovarle, e in quel caso il Capo dello Stato è tenuto a promulgarle”. In questo modo il Presidente della Repubblica ha anche ribadito il proprio modo di “interpretare e applicare, nel contesto nel quale si trova ad operare” l'articolo 74 Cost. Quindi il Capo dello Stato ha ritenuto la legge non manifestamente incostituzionale, affidando poi all'eventuale giudizio della Corte costituzionale la decisione sulla sua legittimità costituzionale . Cfr. Marzio Breda, Legge sui processi,Ciampi difende la firma, in Il Corriere della sera , 27 giugno 2003.

[27] Cfr. Gian Battista Bozzo, L'ombra di Ciampi sul condono, è polemica e malumore tra i senatori:”Chi fa le leggi, il Quirinale?”, in Il Giornale, 20 dicembre 2002, secondo cui “ dal Colle è giunta per via ‘diplomatica' la richiesta al governo di precisare meglio le fattispecie penali interessate”. La normativa che il Senato si apprestava ad approvare prevedeva la non punibilità non solo dei reati tributari ma anche dei reati commessi per eseguirli o occultarli: si trattava di un provvedimento che avrebbe introdotto una sorta di amnistia, per la quale l'articolo 79 della Costituzione prevede la votazione a maggioranza dei due terzi.

[28] Francesco Sacco, La prassi della Presidenza Ciampi nei primi cinque anni del mandato, cit., pp. 2156-2157, sottolinea il fatto che le notizie apprese sulla stampa non sono state smentite dagli “ ambienti del Quirinale” : secondo l'A. “ questo aspetto è di fondamentale importanza” in quanto “il significato politico-costituzionale, l'impatto nei rapporti con il Governo e con il corpo elettorale non è dato dall'intervento presidenziale in sé, ma dal fatto che esso sia divenuto (volutamente?) di dominio pubblico”.

[29] Ibidem , p. 2157.

[30] A riguardo, appare molto espressivo il titolo dell'articolo di Marzio Breda, La svolta di Ciampi: qui la ‘moral suasion' non basta più , apparso su il Corriere della sera, 20 dicembre 2002.

[31] Si tratta del retaggio di un'antica consuetudine di rapporti confidenziali, che risalgono ai tempi in cui il Governo non aveva ancora conseguito la propria dignità di organo costituzionale autonomo ma, piuttosto, risultava composto dai “consiglieri” del Re, cfr. Antonio Ruggeri, op. cit., p. 205.

[32] Carlo Fusaro, op. cit., pp. 93 e 107-108 : “Si va dalla segnalazione di una ‘semplice attenzione del Quirinale', al ‘Quirinale che pone condizioni', a ‘modifiche che non bastano al Quirinale', a Ciampi che pone ‘ultimatum al premier', fino alla convulsa fase dell'iter : ‘il Quirinale ha fatto cambiare cinque punti chiave' e ‘il Presidente la firmerà perché è un'altra legge rispetto al testo originario'. Particolarmente fastidiose risultano le ricostruzioni all'insegna del ‘si afferma negli ambienti del Quirinale'. Il cittadino legge ciò che il Capo dello Stato penserebbe, vorrebbe, farebbe in rubriche dal titolo emblematico: ‘il retroscena' o ‘dietro le quinte'. Ed ecco evocare presunte ‘mediazioni presidenziali', trapelare ‘irritazioni trattenute' o ‘scatti d'ira', raccontare di ‘diplomazie parallele che negoziano emendamenti su testi di legge', parlare di ‘via libera informale'”.

[33] Ad esempio, contestualmente al più volte citato decreto legge n. 63/2002, il Presidente Ciampi ha inviato una lettera, resa pubblica, al Presidente del Consiglio.

[34] Angelo Antonio Cervati, La formazione delle leggi: articolo 71, in Commentario alla Costituzione, a cura di Giuseppe Branca, Zanichelli Editore, Bologna, 1985, pp. 91-93.

[35] Flavia Dimora, op. cit., p. 67.

[36] Mario Dogliani, op. cit., p. 241.

[37] Flavia Dimora, op. cit., p. 66.