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Il decreto Urbani contro la pirateria

Scritto da Matteo Schwarz

Il Consiglio dei Ministri di venerdì 12 Marzo ha dato il via libera al c.d. decreto Urbani recante, insieme al nuovo regime di sovvenzioni per il cinema,  misure a contrasto della diffusione telematica abusiva di opere cinematografiche e assimilate”.

Quali sono in concreto le principali novità?

Il decreto amplia la gamma delle ipotesi sanzionatorie previste dall’art. 171-ter di cui alla legge 633/1941, introducendo la lettera a-bis) che punisce chi “in violazione dell’articolo 16, diffonde al pubblico per via telematica, anche mediante programmi di condivisione di file tra utenti, un’opera cinematografica o assimilata protetta dal diritto d’autore, o parte di essa, mediante reti e connessioni di qualsiasi genere

Si ricorda che l’art.171-ter prevede l’assoggettamento a sanzioni penali (la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da euro 2.582 a euro 15.493) di una serie di condotte riconducibili alla c.d. pirateria qualora siano poste in essere per uso non personale e a scopo di lucro.

Altra novità attiene all’art.174-ter cui sono aggiunti i seguenti commi terzo e quarto: “Chiunque, in violazione dell’art.16, diffonde al pubblico per via telematica, anche mediante programmi di condivisione di file tra utenti, un’opera cinematografica o assimilata protetta dal diritto d’autore, o parte di essa, mediante reti e connessioni di qualsiasi genere, ovvero, con le medesime tecniche, fruisce di un’opera cinematografica o parte di essa, è punito, purchè il fatto non concorra con i reati di cui al comma 1, con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 1500, nonché con la confisca degli strumenti e del materiale e con la pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale e su di un periodico specializzato nel settore dello spettacolo.

Chiunque pone in essere iniziative dirette a promuovere o ad incentivare la diffusione delle condotte di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 2000 e con le sanzioni accessorie previste dal medesimo comma.

In questo caso, mancando nella fattispecie previste dall’art. 174-ter, lo scopo di lucro, il legislatore aveva optato, nella originaria formulazione della norma, per la sanzione amministrativa: scelta che risulta ora confermata anche per le aggiunte sopra richiamate.

Prima di procedere oltre nell’analisi del provvedimento, credo sia doveroso soffermarsi sulle due novità cui si è fatto riferimento.

Entrambe destano qualche perplessità: in primo luogo, la nuova previsione di cui alla lett. a-bis) dell’art. 171-ter appare assolutamente superflua. Non si comprende quale possa essere il valore aggiunto di una simile norma quando già la lett. a) espressamente prevedeva la punibilità per chi a fini di lucro e per uso non personale “abusivamente duplica, riproduce trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte un’opera dell’ingegno…”

Qual è in concreto la fattispecie che alla luce della previgente normativa non risultava perseguibile e ora al contrario potrebbe esserlo? Si legge nella relazione di accompagnamento al decreto che “la presente disposizione prevede, in via primaria l’individuazione di fattispecie tipiche che, senza incorrere ad interpretazioni estensive delle ipotesi sanzionatorie previste dalla legge n.633 del 1941, consentono di colpire puntualmente i comportamenti di coloro che scambiano file coperti dal diritto d’autore, nonché le iniziative che mirano a pubblicizzare e promuovere la condivisione di opere tutelate dal copyright”.

La nuova lett. a-bis) pone, anche alla luce della relazione illustrativa, interessanti interrogativi: essa introduce in un articolo che si riferisce genericamente alle opere protette dal diritto d’autore una norma speciale il cui ambito di operatività è limitato esclusivamente alle opere cinematografiche. Non incidendo la norma sul trattamento sanzionatorio, nel senso di prevedere un inasprimento delle pene per siffatta categoria di opere, è da ritenersi che essa vada ad incidere su condotte non altrimenti punibili con la paradossale conseguenza che la diffusione in pubblico per via telematica a scopo di lucro essendo sanzionata solo per le opere cinematografiche sarebbe al contrario consentita per le altre opera protette dal diritto d’autore!

Naturalmente si tratta di una provocazione ma non si può non stigmatizzare un certo ipertrofismo normativo che queste disposizioni sembrano evidenziare.

Altra bizzaria appare il riferimento ai “programmi di condivisione di file tra utenti” in una disposizione che prevede lo scopo di lucro quale elemento di dolo specifico della fattispecie.

Se si ritiene, come la migliore dottrina, che lo scopo di lucro sia ravvisabile nell’incremento patrimoniale e non nel semplice risparmio di spesa, non si comprende come tale dolo specifico possa configurarsi in ipotesi di programmi p2p i cui utenti nulla pagano per il loro utilizzo e nulla chiedono per il downloading dal loro hard disk del materiale protetto se non il libero accesso ad una parte del disco rigido degli altri utenti connessi alla rete.

Per quanto attiene alla nuova formulazione dell’art.174-ter, oltre ad alcuni rilievi già esposti in precedenza, appare criticabile lo stesso impianto dei commi 3 e 4 che finiscono per introdurre una incomprensibile disparità di trattamento sanzionatorio tra opere cinematografiche ed altre opere protette. Perché mai se diffondo al pubblico per via telematica o,con le medesime tecniche, fruisco di un film sono assoggettato ad una sanzione pari a 1500 euro e se invece si tratta di un file musicale l’esborso sarà di “soli” 154 euro?

Altro elemento che appare quanto meno discutibile è l’aver sottoposto alla medesima sanzione anche delle non meglio precisate “iniziative dirette a promuovere o ad incentivare la diffusione delle condotte di cui al comma 3 dell’art. 174-ter”: si tratta di una disposizione che lascia perplessi se si considera che un siffatto approccio, teso ad anticipare la soglia della punibilità a quegli atti che pur non realizzando materialmente l’evento delittuoso ne costituiscono l’anticipazione logica e cronologica,  per la sua eccezionalità è sempre stato utilizzato per proteggere beni collettivi di interesse primario, come certamente non sono i diritti d’autore.

Meritano infine un’analisi le ulteriori novità introdotte dal decreto che non concernono una modifica della legge 633/1941. In particolare il comma 3 dell’art. 1 del Decreto-Urbani stabilisce che: “Il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno raccoglie le segnalazioni di interesse per la prevenzione e la repressione delle violazioni di cui alla lettera a-bis) del comma 2 dell'articolo 171-ter e di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 174-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, assicurando il raccordo con le Amministrazioni interessate.” Giova ricordare che,attualmente, nell’organigramma funzionale del Ministero dell’interno, la legge 121/81 sul nuovo ordinamento della Pubblica Sicurezza affida le funzioni di prevenzione alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione - DCPP (ex UCIGOS) che opera a livello locale tramite le Divisioni Investigazioni Generali ed Operazioni Speciali (DIGOS) e che il DCPP opera in tali ambiti:

 

  • organizzazioni terroristiche interne ed a carattere internazionale;
  • associazioni eversive a venti tra i propri scopi l'incitamento alla divisione ed alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi cui fanno riferimento la legge 13.10.1995 n.654 ed il D.L. 26.4.1993 n.122, convertito con legge 25.6.2993 n. 205, ovvero riconducibili alla fattispecie di cui all'art. 1 della legge 20.6.1952 n.645 recante norme di attuazione della XII disposizione finale e transitoria della Costituzione;
  • associazioni che perseguono l'obiettivo della distruzione dell'integrità, dell'indipendenza e dell'unità dello Stato ovvero la modifica dell'assetto costituzionale con mezzi non consentiti dall'ordinamento; gruppi estremisti che perseguono scopi di sovvertimento sociale attraverso il ricorso alla violenza o a pratiche illegali;
  • associazioni a carattere militare o paramilitare di cui al D.Lgs. 14.2.1948 n.43;
  • reati contro la P.A., qualora il fenomeno, in ragione della sistematicità e della gravità dei fatti delittuosi registrati, assuma dimensioni tali da incidere sulla credibilità e sullo stesso funzionamento delle Istituzioni;
  • flussi di immigrazione clandestina e traffico internazionale di armamenti per gli aspetti connessi al coinvolgimento di organizzazioni terroristiche, nazionali ed internazionali;
  • associazioni segrete;
  • congregazioni ed altre realtà di tipo settario che perseguono finalità controindicate;
  • terrorismo informatico e telematico;
  • fenomeni di "violenza di gruppo" ispirati ad ideologie connotate dal ricorso sistematico a comportamenti aggressivi;
  • episodi di illegalità nelle manifestazioni sportive ad opera di formazioni organizzate;
  • altre fenomenologie trasgressive da cui derivino, anche indirettamente, ripercussioni negative per la difesa e la sicurezza dello Stato, la tutela della libertà e dell'esercizio dei diritti dei cittadini, nonché dell'ordine e della sicurezza pubblica.

Appare dunque discutibile, quanto meno culturalmente, condurre il diritto d’autore nell’ambito delle attività di prevenzione del DCPP,

Altrettanto discutibile appare attribuire a questo ufficio la raccolta di non meglio qualificate “segnalazioni” per la repressione degli illeciti, dato che sono attività che la legge attribuisce alle sezioni di polizia giudiziaria e all’autorità giudiziaria.  

Questa sovrapposizione di competenze è ancora più evidente nel successivo comma V  che - senza, evidentemente, che ci sia un procedimento penale in essere - estende alla DCPP il potere di ordinare l’inibizione dell’accesso ai contenuti contestati o la loro rimozione.  Ad oggi, questo potere spetta alla sola magistratura ed è regolato dal codice di procedura penale che contempera le necessità delle indagini con i diritti dell’indagato e dei terzi.  Con il decreto Urbani la DCPP potrà operare al di fuori del sistema di garanzie stabilito per legge.

 I commi 5,6 e 7 del decreto Urbani, infine, stabiliscono di fatto l’obbligo per il provider di monitorare il comportamento dei propri utenti e di denunciarli alla DCPP. I fornitori di connettività e di servizi che abbaino avuto effettiva conoscenza della presenza di contenuti idonei a realizzare le fattispecie di cui all’articolo 171-ter, comma 2, lett. a-bis), e all’articolo 174-ter, commi 3 e 4, della legge 633 del 1941 provvedono ad informare il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno ovvero l’autorità giudiziaria. Il testo parla di “segnalazione”, ma siccome la DCPP è composta da personale della Polizia di Stato che ha l’obbligo di denuncia degli illeciti di cui viene a conoscenza, di fatto la “segnalazione” del provider equivale a una vera e propria denuncia.

Si tratta, in conclusione, di un provvedimento che non tarderà a suscitare polemiche e che pare, per l’ennesima volta, più il frutto di pressioni politiche che di una ponderata scelta giuridica anche considerando che si è scelta la strada del decreto-legge e non si riescono proprio a scorgere le ragioni di necessità ed urgenza che giustifichino un siffatto provvedimento.