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Corte costituzionale: non e’ piú necessario pagare l’imposta di registro per ottenere il rilascio di copia della sentenza necessario per procedere ad esecuzione forzata

Scritto da Marialuisa Marra

Il Presidente del Tribunale di Roma ha proposto, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 15 e 66 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), nella parte in cui non consentono al cancelliere il rilascio della copia esecutiva, richiesta dalla parte vittoriosa al fine di procedere all'esecuzione forzata nei confronti della parte soccombente, se non dopo il pagamento dell'imposta di registro.
La questione posta all'esame della Corte Costituzionale aveva ad oggetto una sentenza munita di formula esecutiva, pronunciata dal Tribunale civile, che riconosceva all'attore in giudizio il diritto di ottenere la restituzione di un ingente somma di denaro diritto che, però, non poteva concretamente essere attuato, perché per procedere ad azione esecutiva verso il debitore-soccombente era necessario il rilascio di copia esecutiva della sentenza che il cancelliere del Tribunale intendeva non rilasciare prima della registrazione della sentenza stessa stante il disposto dell'articolo 66, 1 comma del d.P.R. n. 131/86 (nella specie l'importo dell'imposta ammonta a circa 40.000 euro).
Un'altra norma, l'articolo 15 dello stesso decreto, prevede la possibilità della "registrazione d'ufficio" in caso di mancata richiesta da parte dei soggetti indicati dall'art. 10 ma subordina espressamente ciò "alla previa riscossione dell'imposta dovuta", pertanto in difetto il mancato pagamento dell'imposta impedisce la registrazione e con essa la possibilità di rilascio di copia esecutiva della sentenza e quindi dell'inizio dell'azione esecutiva.
Sulla base di ciò il rimettente lamentava che il combinato disposto degli articoli 15 e 66, 1 comma sarebbe in contrasto con "il principio di uguaglianza, con il principio di ragionevolezza nonché con il diritto alla tutela giurisdizionale".
Nel caso di specie il contrasto tra il citato primo comma dell'art. 66, con il principio di uguaglianza, emergerebbe per la differenza di trattamento che vi sarebbe tra il cittadino che sia in grado di pagare immediatamente l'imposta di registro (a cui sarebbe di conseguenza consentito di intraprendere anche un'azione giudiziaria esecutiva) e colui che non abbia i mezzi sufficienti a far fronte a tale pagamento.
Tali considerazioni sono a fondamento anche della censura ex art. 24 della Costituzione; infatti, il diritto di agire in giudizio è garantito a tutti allo scopo di assicurare l'uguaglianza di diritto e di fatto dei cittadini in ordine alla possibilità di ottenere tutela giurisdizionale.
Nella fattispecie in esame, la ricorrente sosteneva che il riconoscimento di un diritto fondamentale quale quello di difesa non può essere condizionato al pagamento di un'imposta.
In ordine alla lamentata violazione del principio di ragionevolezza, la rimettente osservava come, dopo aver consegnato il suo patrimonio ad un amministratore, si trovava nell'impossibilità di ottenerne la materiale restituzione in quanto non possedeva l'ulteriore somma necessaria per la registrazione della sentenza. La scelta compiuta dalle norme impugnate è stimata irragionevole, considerato che la garanzia della tutela giurisdizionale posta dal primo comma dell'articolo 24 comprende anche la fase esecutiva che deve intendersi una prosecuzione del giudizio.
La valutazione di bilanciamento fra l'interesse all'effettività della tutela giurisdizionale e quello alla riscossione dei tributi è infatti effettuato, per i due tipi di processo (di cognizione ed esecutivo), in modo diverso: l'inadempimento dell'onere tributario non ostacola lo svolgimento del processo di cognizione che può giungere fino all'emanazione della sentenza o di altro provvedimento esecutivo, mentre impedisce che a detto provvedimento sia data attuazione mediante l'esercizio della tutela giurisdizionale in via esecutiva.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 522 del 21 novembre 2002 ha così dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), "nella parte in cui non prevede che la disposizione di cui al primo comma non si applica al rilascio dell'originale o della copia della sentenza o di altro provvedimento giurisdizionale che debba essere utilizzato per procedere all'esecuzione forzata". Nella medesima sede la Corte Costituzionale ha sancito la manifesta inammissibilità, invece, della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 15 dello stesso d.P.R., sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.