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Stokke v. Marktplaats: neutralità e parità di trattamento

Scritto da Lorenzo Dalla Corte

Il 22 maggio 2012 la Corte d'Appello di Leeuwarden, con la sentenza n. 107.001.948/01, si è espressa in merito ad un interessante caso, Marktplaats v. Stokke, concernente la responsabilità di un ISP – Marktplaats, "casa d'aste" online e società sussidiaria di eBay – per i contenuti illeciti pubblicati dagli utenti-venditori sulla propria piattaforma: nella fattispecie, alcuni annunci riguardanti la vendita di prodotti Stokke contraffatti.

Con una pronuncia articolata e nettamente favorevole all'hosting provider, la Corte ha confermato la legittimità dell'attività svolta da Marktplaats e specularmente negato le tesi dell'appellante relative, da una parte, alla presunta mancanza di neutralità dell'host, e dall'altra, all'esistenza di un obbligo generalizzato di controllo preventivo da parte dell'ISP, o di quello di registrare e divulgare i dati personali degli utenti-venditori, o ancora di attuare – previa segnalazione – procedure di "notice and stay down". Queste ultime, si differenziano da quelle di notice & take down in quanto presuppongono un ruolo attivo da parte del provider, che deve adoperarsi per garantire che il contenuto rimosso in seguito a notifica non possa essere riproposto sulla stessa piattaforma. La Corte ha stabilito come Maarktplaats non possa essere ritenuto direttamente responsabile per la violazione dei diritti di Stokke in materia di proprietà intellettuale, beneficiando pienamente della clausola di salvezza prevista dall'articolo 14 della Direttiva n. 2000/31 sul commercio elettronico, la quale dispone che gli hosting provider non possono essere soggetti a responsabilità per i contenuti memorizzati nella propria piattaforma dai destinatari dei sevizi offerti, a condizione che non siano al corrente dell'illiceità dell'attività o dell'informazione e, non appena ne siano a conoscenza, si attivino immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso.

Numerosi i profili di interesse: nel rigettare le istanze dell'appellante, la Corte specifica dettagliatamente la qualifica dell'intermediario online come hosting provider, nonché gli obblighi gravanti su quest'ultimo in caso di attività illecita degli utenti sulla propria piattaforma virtuale.

La Corte, infatti, prendendo le mosse dalla sentenza della CGE eBay v. L'Oreal, ha affermato che "la mera circostanza che il gestore di un mercato online memorizzi sul proprio server le offerte in vendita, stabilisca le modalità del suo servizio, sia ricompensato per quest'ultimo e fornisca informazioni d'ordine generale ai propri clienti" sia di per sé inidonea ad escludere la protezione offerta agli hosting provider, e che al contrario sia il concetto di neutralità del service provider ad assumere la qualifica di discrimine, nel determinare l'applicabilità o meno della tutela prevista dall'art. 14 della Direttiva 2000/31 sul commercio elettronico sia esclusivamente la neutralità dal fornitore del servizio telematico. Di conseguenza, secondo il giudice olandese, una volta accertata la mancanza di conoscenza dell'illecito da parte di Marktplaats e l'effettività dei meccanismi di pronta rimozione eventualmente forniti dall'intermediario in caso di violazione da parte di terzi, la protezione garantita dall'articolo 14 dipende, in realtà, dall'assenza di un suo ruolo attivo, il quale, per non risultare responsabile ai sensi della normativa deve interporsi in maniera neutrale tra i propri utenti-venditori e utenti-compratori. Ci si domanda, dunque, quando venga effettivamente rispettato da parte di un moderno prestatore di servizi il requisito della neutralità, considerato come un certo tipo ed un determinato livello di condotta attiva siano al giorno d'oggi fisiologicamente presenti.

Le considerazioni della Corte d'Appello di Leeuwarden in materia di neutralità dell'host affrontano principalmente da due punti nodali. Da una parte, il giudice sottolinea come Marktplaats non abbia concretamente alcun coinvolgimento con il contenuto degli annunci pubblicitari atti a promuovere i prodotti contraffatti in questione, limitandosi a mettere a disposizione una piattaforma nella quale gli utenti-venditori hanno la facoltà paritaria di caricare pubblicità di loro scelta, nonché determinati meccanismi tecnici ed automatici volti ad ottimizzarne l'uso. Dall'altra, il concetto di neutralità è stato interpretato alla stregua di quello di parità di trattamento, e non già come mera passività o inattività da parte dell'hosting provider. Il carattere neutrale della piattaforma pubblicitaria messa a disposizione da Marktplaats, non risulta pregiudicato, secondo il giudice d'appello olandese, dal fatto che il provider abbia in concreto ottimizzato e favorito l'interazione, a fini commerciali tra utenti-venditori (e dunque inserzionisti) e utenti-compratori: Marktplaats non esercita, infatti, alcun potere decisionale in merito alla determinazione del contenuto degli annunci pubblicitari pubblicati sulla propria piattaforma.

Per quanto concerne il carattere tecnico, automatico e neutrale dell'ISP, la Corte d'Appello di Leeuwarden sembra considerare, nella propria decisione, come un determinato livello di attività sia fisiologicamente indispensabile per un moderno hosting provider, alla luce del mercato e dello stato dell'architettura di Internet, ed anziché basare la propria determinazione sulla mera assenza di una condotta attiva da parte del provider, interpreta il concetto di neutralità alla stregua di quello di parità di trattamento. Secondo il giudice olandese, dunque, l'attività di Marktplaats rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 14 della Direttiva 2000/31 in quanto tecnica, automatizzata e di natura non discriminatoria, sostanzialmente paritaria.

Il percorso logico ed interpretativo della Corte sembra rispondere in maniera ragionevole all'evoluzione che la Rete ha subito nel corso dell'ultimo decennio: il giudice non ignora come la quasi totalità degli ISP metta in atto meccanismi che – pur automatizzati e di carattere tecnico – escludono di per sé la possibilità di caratterizzare la propria attività come neutrale nel senso di meramente passiva, ed una volta accertata l'estraneità e l'ignoranza di Marktplaats rispetto al contenuto illecito promosso nella piattaforma, esamina i meccanismi di ottimizzazione e promozione attuati in concreto dal provider, al fine di determinare se gli utenti vengano trattati in maniera paritaria o meno. Avendo stabilito che la neutralità dell'ISP è garantita – inter alia – dalla sostanziale parità di trattamento tra gli utenti, e che le altre condizioni imposte dalla direttiva risultano essere soddisfatte, la Corte d'Appello olandese conferma quindi l'applicabilità della clausola di salvezza contenuta nell'articolo 14 della Direttiva sull'eCommerce.

Il giudice rifiuta, poi, di concedere le ingiunzioni richieste da Stokke, le quali si concretizzerebbero in un obbligo di controllo preventivo, statuendo come, benché tali misure non contrastino a priori con l'art. 15 della Direttiva 2000/31/EC, esse non possano essere considerate proporzionate agli obiettivi a cui sono finalizzate; la Direttiva sull'eCommerce non impedisce, infatti, l'imposizione di uno specifico obbligo di controllo non generalizzato, ma le misure richieste da Stokke risulterebbero eccessivamente onerose per l'intermediario online, mentre, al contrario, il mantenimento dell'onere di controllo in capo al titolare dei diritti lesi dall'attività illecita degli utenti-venditori ha un costo decisamente minore ed accettabile. Al pari delle richieste in materia di monitoraggio preventivo del contenuto potenzialmente illecito pubblicato dagli utenti, il giudice rifiuta, inoltre, di imporre l'adozione di procedure di notice and stay down, ritenendole un costo sproporzionato rispetto agli obiettivi ed ai benefici conseguibili da Stokke. La pronuncia nega, inoltre, al ricorrente la facoltà di ottenere la registrazione dei dati personali degli utenti-venditori da parte di Marktplaats, il quale tratta solamente gli indirizzi e-mail necessari al completamento delle transazioni: la necessaria identificabilità prevista dall'articolo 6 della direttiva sull'eCommerce non si applica, nota la Corte, alle persone fisiche, ovvero la maggior parte degli utenti della piattaforma, ed imporre la divulgazione dei dati personali degli utenti risulterebbe di fatto sproporzionato.

L'aspetto di maggior interesse della sentenza risiede certamente nel requisito della parità di trattamento, condizione di creazione pretoria per l'applicazione della clausola di salvezza prevista dall'articolo 14 della direttiva 2000/31. Il giudice olandese, al pari di quello della Corte di Giustizia Europea (CGE), interpreta l'ambito di applicazione della disposizione "non soltanto in considerazione del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte". A differenza della Corte europea, però, quella olandese non ritiene che una mera "assistenza consistente segnatamente nell'ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi e nel promuovere tali offerte" escluda "una posizione neutra tra il cliente venditore considerato e i potenziali acquirenti" a priori, presupponendo per ciò solo "un ruolo attivo atto a conferirgli una conoscenza o un controllo dei dati relativi a dette offerte", ma valuta concretamente se l'attività di ottimizzazione e promozione del provider si sia concretizzata in una disparità di trattamento derivante dall'assunzione di un ruolo volto ad incidere sulle dinamiche intercorrenti tra utente-venditore ed utente-compratore, o meno.

La differenza rispetto all'ondivaga impostazione adottata negli anni passati dalle giurisprudenza di merito italiana è evidente: esse, interpretando la direttiva eCommerce ed il relativo decreto attuativo nazionale, hanno creato la duplice categoria dell'hosting provider attivo e di quello passivo, non contemplati direttamente dalle disposizioni normative europee o nazionali in materia di ISP. La qualifica di provider "passivo" sembra essere riservata a quegli host che si limitano a provvedere uno spazio virtuale dove gli utenti possono pubblicare contenuti di loro scelta, mentre quella di provider attivo a chi "svolge un ruolo nella trasmissione, indicizzazione ed organizzazione dei contenuti" per un interesse di natura economica. L'host attivo, secondo tale giurisprudenza, assume un ruolo mediato tra l'hosting provider ed il content provider ed è di conseguenza assoggettato al normale regime di responsabilità civile. Come il giudice olandese, quello italiano ricorre ai concetti speculari di attività e passività nello stabilire la responsabilità del prestatore del servizio telematico. La nozione di passività, associata dal giudice di merito italiano a quei provider che offrono "unicamente un servizio di memorizzazione delle informazioni, senza che venga svolto un ruolo attivo nella trasmissione ed indicizzazione dei contenuti", pare però eccessivamente restrittiva e non rispondente alle caratteristiche di Internet al tempo della stesura della direttiva sull'eCommerce ed all'evoluzione che tale medium ha avuto nel corso dell'ultimo decennio.

Le Corti italiane, nell'interpretare il considerando 42 della direttiva 2000/31 come associato all'ambito disciplinato dall'articolo 14, (a cui è invece dedicato il considerando 46) e non già alle attività di caching e di mere conduit, creano surrettiziamente la figura dell'host passivo e quella dell'host attivo, stabilendo che l'esenzione prevista dall'articolo 14 si deve applicare unicamente alla prima categoria, in quanto unica tipologia di host prevista dal legislatore europeo alla fine degli anni novanta, epoca coeva alla stesura della direttiva eCommerce. L'equivoco è duplice: oltre al menzionato sdoppiamento della figura dell'hosting provider, l'attività stessa, nonostante l'evoluzione dello stato dell'arte, non pare comunque essersi essenzialmente modificata durante il corso degli anni che separano le ultime pronunce giurisprudenziali dalla genesi della direttiva. Gli hosting provider hanno sempre messo a disposizione degli utenti determinate funzionalità (motori di ricerca, meccanismi di report, indicizzazione e classificazione del contenuto per categorie) al fine di migliorare il servizio offerto, e sembra improbabile che il legislatore europeo non avesse considerato l'esistenza di tali funzionalità durante l'iter legislativo.

Nel valutare, in concreto, se l'attività svolta da un hosting provider risulti essere di natura sufficientemente tecnica e neutrale da essere ricompresa nell'ambito di protezione garantito dall'articolo 14 della direttiva 200/31, l'interpretazione del requisito di neutralità come parità di trattamento e non quale interposizione diretta tra le dinamiche intercorrenti tra gli utenti sembra essere quello più rispondente alla ratio della direttiva sull'eCommerce, ora come quindici anni fa.