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Il decreto Urbani è Legge

Scritto da Samantha Velluti

  Dal 18 maggio scorso il contestatissimo decreto-Urbani, famoso per aver introdotto tra l’altro sanzioni penali a carico di chi scambia file protetti dal diritto d’autore attraverso sistemi peer to peer, è legge. Il provvedimento è stato infatti approvato anche al Senato dopo essere passato al vaglio della Camera ed essere stato in quella sede emendato con novità che ne hanno stravolto il contenuto. Già dalla prima presentazione al Consiglio dei Ministri il provvedimento era stato fortemente criticato, sia per la scelta del Ministro per i beni e le attività culturali, Urbani, di preferire la decretazione d’urgenza su una tematica per la quale sarebbe stato sicuramente più opportuno uno strumento legislativo diverso, sia per non aver permesso alle parti in causa (utenti-consumatori, associazioni di categoria dei provider,major musicali e dell’editoria) di essere consultate prima dell’emanazione del decreto legge.

La Commissione parlamentare che alla Camera ha esaminato li provvedimento ha ritenuto, quindi, di dover colmare tale lacuna provvedendo con una serie di audizioni in cui sono state lungamente sentite le voci più rappresentative e maggiormente coinvolte nella problematica. Nonostante la attenzione prestata nella valutazione, il provvedimento è stato approvato con l’introduzione di alcune novità ed in particolare con l’introduzione di una semplice locuzione che ne ha completamente stravolto il contenuto. Infatti il provvedimento approvato alla Camera (con ben 175 astensioni) prevede tra le principali novità la previsione di sanzioni qualora si diffondano opere protette da copyright al fine si "trarne profitto", locuzione che sostituisce la precedente “a fini di lucro”. Una definizione amplissima a proposito della quale la stessa Cassazione  afferma che non è necessariamente richiesta una finalità direttamente patrimoniale (Cass., sez. III, 25-06-2001), ma al contrario  si può considerare rientrare in questa ipotesi anche il semplice risparmio dei costi che è ravvisabile qualora la duplicazione sia avvenuta a fini personali.

Sanzioni penali, dunque, anche per chi fa uso personale di file protetti. La sanzione minima quindi per chi fa download di file coperti dal diritto d’autore è di 154 euro, che arrivano a 1.032 euro in caso di reiterazione del reato, con il rischio addirittura della reclusione per chi uploada file coperti dal diritto d’autore tramite servizi di file-sharing (come ad esempio KaZaA o WinMX). Il che può voler dire che se si scarica un brano musicale con un software di file-sharing che mette in condivisione immediatamente le parti già scaricate, non si può più considerare questa forma di download come fatta per finalità personali, dal momento ciò che si scarica può essere utilizzato da altri; inoltre si può ravvisare senza dubbio anche un profitto in virtù del risparmio dei costi di acquisto dell’opera.

Tra le novità anche l’obbligo di apporre un “idoneo avviso” che pubblicizza l'avvenuto assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa sul diritto d'autore. In questo modo si  introduce un cd. Bollino Virtuale, definibile come un contrassegno SIAE, su ogni opera protetta che circola in Internet; questo infatti dovrà  essere presente sia su ogni singola opera acquistabile tramite un sito, sia su ogni sito che non abbia propriamente finalità  commerciali. Ed inoltre come già previsto dal 1992 per i videoregistratori, viene introdotto un prelievo del 3 per cento sul prezzo di vendita dei masterizzatori e dei software di masterizzazione che dovrebbe servire ad indennizzare gli autori danneggiati dalla copia delle proprie opere protette.

L’utente finale non è, poi, l’unico destinatario della normativa, infatti anche per i providers, si prevedono multe che sono, però, decisamente più cospicue. Ad essi, infatti, è imposto l’obbligo di comunicare alle autorità di polizia chi viola il diritto d'autore usando i programmi di file-sharing e  porre in essere tutte le misure dirette a rimuovere i contenuti segnalati o l’accesso a quest’ultimi. Chi non riesca, anche per motivi anche tecnici, a rimuovere dai siti che contengono materiale audiovisivo abusivo alcuni contenuti o non possa bloccare l'accesso a questi stessi siti da parte dei propri clienti, potrebbe essere costretto a pagare dai 50.000 ai 250 mila euro.

Al Senato è stato approvato lo stesso testo senza alcun emendamento; in realtà molte voci si sono sollevate contro queste previsioni, ma la necessità di provvedere entro i 60 giorni, termine di approvazione del decreto legge e soprattutto l’esigenza che non venissero travolte dalla mancata conversione anche le norme del decreto che più specificatamente si occupano di finanziamento alle opere cinematografiche, hanno portato alla votazione del provvedimento così come presentato. Gli emendamenti che il partito dei Verdi aveva presentato per ostruzionismo (più di 750) sono stati infine ritirati in toto, su esplicita richiesta del Governo che ha promesso che la parte riguardante la pirateria sarà riesaminata. Infatti l'opposizione ha ritirato tutti i suoi emendamenti, sostituendoli con degli ordini del giorno nei quali si sollecita il Governo a modificare in tempi brevi la parte di legge riguardante il file-sharing via Internet.

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