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Retata online della GdF contro il peer to peer: bufala de “La Repubblica”. Spieghiamo i motivi di fatto e di diritto.

Scritto da Francesco Affinito

La famosa testata giornalistica ha pubblicato il giorno 30 maggio 2003 un articolo riguardante un'inchiesta della Guardia di Finanza dopo il debutto delle nuove norme sul diritto d'autore. Il giorno seguente sullo stesso quotidiano è apparsa un'intervista, tra le altre cose dello stesso giornalista, ad un maresciallo della Finanza, in cui sono stati chiariti in termini più diretti i contenuti dell'articolo del 30 maggio.

Secondo "La Repubblica" sarebbero settantacinque le persone indagate per violazione del diritto d'autore e ricettazione, ed oltre tremila gli utenti del web che in questi giorni sono stati identificati e denunciati per gli stessi motivi. L'inchiesta sarebbe diretta dal Pubblico Ministero Gianluca Braghò, il quale, secondo il testo pubblicato, coordinerebbe i finanziari "all'assalto dei server che distribuiscono materiale tutelato dall'articolo 171 della legge sul diritto d'autore che vieta lo scambio di opere, anche se questo avviene senza fini di lucro". Infatti, come recita la legge entrata in vigore il 29 aprile 2003, commette reato non è solo chi "pone in commercio, vende, noleggia", ma anche chi "cede a qualsiasi titolo" materiale protetto: anche se è gratis, anche se è il freeshare che da sempre imperversa sulla rete". Così alla luce dei reati contestati, il Giudice delle Indagini Preliminari avrebbe decretato "le intercettazioni informatiche", tramite le quali si sarebbe arrivati "all'individuazione di tremila persone che negli ultimi mesi avevano scaricato tutto il possibile". Tali downloader sarebbero "gente comune, professionisti, studenti ed impiegati", molti dei quali sarebbero ancora ignoti, in quanto i finanzieri sarebbero riusciti ad identificarne soltanto duecento.

La redazione de "La Repubblica", poi, ha deciso di pubblicare, sempre il giorno 30 maggio, un articolo di supporto allo stesso scoop con tanto di cifre e percentuali sulla pirateria informatica, mentre, il giorno seguente, un'intervista a Davide D'Agostino, Maresciallo del Nucleo Provinciale della Guardia di Finanza di Milano, impegnato da quasi due anni nelle indagini sulla pirateria online.

Possiamo affermare con certezza che la retata della GdF contro il peer to peer, ossia contro lo scambio diretto di file tra gli utenti, non può corrispondere alla realtà. Tale notizia non può ritenersi veritiera per motivi di fatto e di diritto. I primi riguardano la pronta smentita, tramite comunicato stampa, della Gdf, la quale ha dichiarato che "i controlli" non hanno riguardato gli utilizzatori di sistemi file sharing tipo "peer to peer", ma esclusivamente a soggetti dediti a produzione e vendita di prodotti tutelati dal copyright, si sono sviluppati attraverso il monitoraggio di 12 siti web e l'intercettazione 28 account e-mail utilizzati dagli indagati per porre in essere l'illecita attività". E' stato poi lo stesso Capitano Mario Piccinni del Nucleo operativo provinciale di Milano delle Fiamme Gialle, a spiegare che l'operazione di questi giorni, emersa su "La Repubblica", non ha assolutamente nulla a che spartire con il peer-to-peer o con le attività degli utenti che sfruttano questi sistemi di condivisione dei file.

D'altra parte ci sono anche dei motivi di diritto per confutare la veridicità dello scoop. Negli articoli, infatti, si susseguono errati riferimenti a disposizioni normative. Viene citato l'art. 171 della legge sul diritto d'autore, mentre si doveva ricorrere all'art. 171ter , che contiene la disciplina penale dei file audio e video, cha da sempre stabilisce il riferimento alla cessione "a qualsiasi titolo"; dal 29 aprile 2003 (giorno in cui non è entrata in vigore una legge, bensì un decreto legislativo, il n. 68/2003...!) è stata soltanto estratta, dalla lett. d), la parte riguardante le misure tecnologiche cui è stata dedicata un'altra lettera dell'articolo, mentre nulla è intervenuto sul P2P e, più in particolare, sul dolo di lucro presente nella disposizione sin dal 1994; dal 2000 il semplice utilizzatore di materiali illeciti commette, a determinate condizioni, non un reato, bensì un illecito amministrativo (come si può parlare di ricettazione?...).

Per il momento, quindi, i pirati informatici possono navigare tranquilli: nessuno sta toccando il loro caro peer to peer.

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