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Attualità e attualizzazione nel diritto all'oblio - I casi risolti con sentenza 16111/2013 dalla Cassazione e con provvedimento n.187/2016 del Garante per la privacy

Scritto da Fabio Fanigliuolo

Il diritto all’oblio non è un diritto assoluto, in quanto è soggetto a limitazioni derivanti dal bilanciamento con altri diritti. In particolare esso spesso viene a porsi in contrasto con il diritto di cronaca e la libertà di informazione sanciti dall’art. 21 della Costituzione e dalle altre carte sovranazionali e internazionali che tutelano i diritti fondamentali[1].

Pur non esistendo una definizione univoca del diritto all'oblio, nell'ambito del trattamento di dati personali con finalità giornalistiche o per altre attività di informazione (si pensi ad esempio ad un blog) esso può essere definito come la facoltà dell’interessato[2] di chiedere al titolare di una testata giornalistica, di un blog o di un motore di ricerca la cessazione del trattamento dei propri dati personali, utilizzati per finalità di informazione, mediante la cancellazione o la deindicizzazione (nel caso dei motori di ricerca), qualora la notizia[3] non sia più attuale ovvero non vi sia più un interesse generale alla sua conoscibilità. Elemento cardine per esercitare la facoltà in esame è il trascorrere di un ampio lasso di tempo, infatti è quest’ultimo che fa venir meno l’interesse che sussisteva nel momento in cui la notizia fu pubblicata, garantendo, all’epoca, la liceità della diffusione. La sentenza Corte cass. I civ. 18 ottobre 1984, n. 5259 ha chiarito che, qualora manchi il consenso dell’interessato, la pubblicazione di un articolo o la perdurante presenza di dati personali nell’archivio aperto di una rivista online deve possedere tre requisiti per essere conforme alle norme in materia di privacy[4]: (1) gli eventi narrati devono essere veri o ritenuti tali senza colpa; (2) i fatti devono essere esposti in modo obiettivo; (3) la notizia deve ingenerare un interesse nel pubblico. Il diritto all’oblio aggiunge un quarto requisito[5]: l’attualità dell’informazione; questa si lega alla terza caratteristica su esposta poiché impone che l’interesse della collettività sussista, non solo nel momento in cui il dato personale è pubblicato, ma per l’intero periodo durante il quale è possibile accedere ad esso.

Preliminarmente è utile chiarire il rapporto tra diritto alla privacy e diritto all’oblio: l’ultimo si potrebbe definire come un’applicazione del primo. Il diritto alla protezione dei dati personali si compone della facoltà di escludere i terzi dalla conoscenza di informazioni personali e delle garanzie inerenti il trattamento del dato. Il diritto all’oblio non può rientrare nella prima componente poiché le informazioni su cui esso può essere esercitato sono già pubbliche (o comunque trattate), quindi, soggette ad utilizzazione da parte di terzi. Diversamente, la componente relativa alle garanzie di trattamento del dato sembra ricomprendere senza forzature il diritto che qui si sta esplicando.

La seconda componente del diritto alla privacy è la più recente, corrisponde ad una evoluta concezione di “trattamento” che non termina con la cessione del dato personale. Le più recenti riforme del settore[6] si sono ispirate a questa teoria, infatti la ratio è di permettere un’ampia circolazione dei dati personali vincolando i responsabili del trattamento al rispetto di rigide garanzie procedurali e sostanziali nell’acquisizione e soprattutto nell’utilizzazione dei dati personali.

L’affermazione del diritto all’oblio, negli ordinamenti europei e non, costituisce un incremento delle garanzie attribuite ai data subjects (interessati). Il diritto in esame trova esplicita affermazione a livello normativo nel regolamento U.E. 679/2016 che sarà direttamente applicabile negli Stati Membri, ma non è ancora entrato in vigore[7]. L’art 17 della normativa europea scioglie molti dubbi sull’esistenza del diritto di cui si discute, infatti lo afferma a chiare lettere sin dalla sua rubrica: “Diritto alla cancellazione («diritto all’oblio»)”. Il primo comma alla lettera a) stabilisce che l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che non sono più necessari rispetto alle finalità̀ per le quali sono stati raccolti; questa è la parte più rilevante ai fini del trattamento di dati effettuato da giornalisti o comunque con la finalità di informare. Tuttavia, il combinato disposto con il comma terzo dello stesso articolo, che permette di derogare al diritto alla cancellazione quando il trattamento è effettuato nell’esercizio della libertà di espressione, ad una prima lettura, potrebbe fuorviare l’interprete portandolo a ritenere che il diritto di cronaca prevalga sempre sul diritto all’oblio.

Per interpretare correttamente questo articolo e comprendere le peculiarità del diritto all’oblio è necessario trattare del diritto di cronaca e libertà di informazione. Questo è uno dei diritti fondamentali posti a base della democrazia, ma pur di importanza precipua non è un diritto assoluto e trova nella tutela della privacy un limite importante. È necessario rilevare come anche il diritto alla privacy subisca una applicazione ristretta quando la libertà di informazione è coinvolta[8], tanto che il consenso dell’interessato non è necessario per poter pubblicare i suoi dati personali. Fa da contrappeso a queste deroghe il codice deontologico per l’attività giornalistica[9] relativo al trattamento di dati personali[10]: il codice pone i requisiti necessari affinché una pubblicazione sia considerata esercizio della libertà di informazione. Questi requisiti[11] incidono sulla libertà di stampa a favore della privacy poiché limitano la possibilità di pubblicare i dati personali ai soli casi in cui tali criteri siano presenti, essi costituiscono, quindi, gli strumenti per bilanciare i due diritti caso per caso.

Per conformarsi alle norme del succitato codice di condotta, la pubblicazione di dati personali deve riguardare eventi di interesse sociale ovvero informazioni cui il pubblico potrebbe essere interessato o vorrebbe ricevere. Basilare è il secondo requisito, il quale richiede che i fatti narrati nella notizia siano veri o che, nel momento in cui sono pubblicati, chi li divulga sia in buona fede, cioè si sia adoperato per verificarli e non sia a conoscenza della falsità degli stessi. In terzo luogo, l’esposizione della notizia deve essere obiettiva nel senso che lo scrittore deve attenersi agli eventi, senza eccedere rispetto allo scopo informativo e permettendo una libera valutazione al lettore.

Recentemente, alcune sentenze[12] hanno affermato l’esistenza di un quarto requisito necessario per la legittima pubblicazione di dati personali in esercizio del diritto d’informazione: questo è l’attualità dell’interesse pubblico all’informazione e corrisponde alla concreta applicazione del diritto all’oblio. Questo, sostanzialmente, garantisce all’interessato che un evento a lui connesso sia dimenticato o cancellato nel momento in cui non sussiste più un interesse collettivo alla conoscibilità dell’informazione; il diritto all’oblio fa arretrare leggermente il diritto di cronaca che, per essere esercitato mediante l’utilizzo di dati personali, deve essere riferito ad eventi attuali o comunque ancora rilevanti nel presente; in altre parole il diritto di cronaca una volta esercitato su determinati dati personali non è legittimo per sempre, ma solo finché non viene meno l’interesse pubblico, quindi l’attualità[13].

Da quanto detto sopra può concludersi che l’effetto dell’affermazione del diritto all'oblio dapprima giurisprudenziale[14], oggi rafforzata dalla chiara previsione normativa contenuta nell’art 17 del regolamento europeo 679/2016, ha modificato la concezione di libertà di stampa. Alla luce di ciò può essere correttamente interpretata la deroga ammessa nel comma terzo dell’art 17 del regolamento europeo: se manca l’attualità della notizia non c’è esercizio del diritto di informazione, quindi, la deroga non si applica. Pertanto, il diritto all’oblio viene qui pienamente affermato e non ne risulta una costante soccombenza rispetto alla libertà di stampa poiché essa deve essere esercitata conformemente al criterio della attualità dell’interesse pubblico.

Il regolamento 679/2016 riconosce, all’art 85, che l’applicazione delle norme sulla privacy in settori come quello della stampa meritano una particolare attenzione e lascia agli Stati Membri la facoltà di approvare speciali disposizioni in tale settore. Questa potrebbe essere una chance, oltre che un incentivo, per chiarire il significato di diritto all’oblio a livello nazionale e soprattutto per dare veste legale alla nuova definizione di diritto di cronaca.

Una volta chiarito lo scenario in cui il diritto all’oblio viene applicato è possibile procedere ad una più approfondita analisi sull’attualità della notizia. Per comprendere quali siano le caratteristiche necessarie affinché un’informazione risalente possa essere nuovamente pubblicata, a seguito di un evento nuovo che restituisce attualità a quell’avvenimento, saranno analizzate due decisioni che hanno avuto esito opposto: la prima è la sentenza n. 16111/2013 dalla Corte di Cassazione, l’altra il provvedimento n.187/2016 del Garante per la privacy.

Le controversie riguardano la richiesta di cancellare, dal sito di un quotidiano, un articolo contenente dati personali perché tale notizia non era più attuale. La richiesta di cancellazione avanzata dagli interessati è immediatamente successiva alle pubblicazioni, ed è motivata con il fatto che gli articoli rievocano vicende risalenti nel tempo per le quali l’interesse del pubblico si è esaurito. Nei casi di specie, il trascorrere del tempo è apprezzabile con riferimento alla distanza temporale tra la pubblicazione del dato personale all’interno della notizia originaria e la ripubblicazione di quel dato in altro articolo che tratta del medesimo evento poiché connesso con vicende recenti o allo scopo di informare sugli sviluppi del caso. Gli autori giustificano la rievocazione degli eventi più risalenti con la sussistenza di un legame tra questi fatti e i nuovi avvenimenti, quindi, gli articoli verterebbero su nuove notizie che incidentalmente contengono riferimenti a vecchi eventi i quali essendo legati a quelli più recenti tornano di interesse pubblico. Il compito della Corte e del Garante è stato quello di individuare fino a che punto un nuovo avvenimento autorizza lo scrittore a riesumare vecchie vicende, ripubblicandole e stabilire il tipo di legame che deve intercorrere tra i due fatti perché vi sia una attualizzazione.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte l’avvenimento principale era il ritrovamento di un arsenale di armi appartenenti alle Brigate rosse; la notizia attualizzata da quest’ultima era la vicenda personale di un appartenente ad un gruppo terroristico durante gli anni di piombo. Il test cui la Corte sottopone la pubblicazione in questione è il diretto collegamento tra quanto recentemente accaduto e le passate vicende. I giudici riscontrano assenza di ogni legame oggettivo tra le due notizie poiché il fatto che l’arsenale sia stato ritrovato nella zona di residenza dell’ex-terrorista non è sufficiente a legare oggettivamente i due casi giudiziari. Infatti, a parte i trascorsi da ex-terrorista del ricorrente non emerge alcun elemento nuovo che possa collegarlo all’arsenale, quindi il collegamento fatto dal giornalista è arbitrario, ciò comporta che “il diritto alla riservatezza del Fa. – che assume, nella specie, i connotati del diritto ad essere dimenticato – deve prevalere sul diritto di cronaca”[15].

Il Garante[16], invece, si pronuncia sul ricorso di un soggetto che afferma violato il suo diritto all’oblio poiché un quotidiano ha pubblicato un articolo in cui dava notizia del rinvio a giudizio del ricorrente facendo anche riferimento ad avvenimenti risalenti all’inizio delle indagini nei suoi confronti. Il soggetto lamenta l’attualizzazione di una vicenda obsoleta senza che vi siano novità rilevanti, quindi in assenza di un interesse pubblico.

Anche il Garante utilizza, in modo meno esplicito, il test di diretto collegamento. L’autorità indipendente accoglie la tesi del quotidiano e afferma la sussistenza di un interesse attuale alla conoscibilità del rinvio a giudizio poiché tale notizia ha un diretto collegamento con quella risalente di apertura delle indagini nei confronti del ricorrente. Il legame sussiste poiché la seconda è il logico sviluppo processuale della prima che viene, quindi, attualizzata dal rinvio a giudizio. L’esposizione di entrambi i fatti è conforme al diritto all’oblio perché permette al lettore una chiara e completa comprensione degli avvenimenti così come sono in relazione alla vicenda processuale non ancora esaurita.

Nel primo giudizio siamo difronte a due notizie che hanno un legame molto labile, supportato solo da una ipotetica e romanzesca ricostruzione dei fatti proposta dallo scrittore; al contrario, nel secondo caso si riscontra un legame obiettivo. Per individuare le caratteristiche che la relazione tra i due articoli deve possedere è utile prendere distintamente in considerazione il caso in cui protagonista degli articoli sia diverso o non.

Se il soggetto delle notizie è lo steso la costruzione di un legame tra i due fatti è più semplice poiché è pacifico che gli eventi abbiano una correlazione forte dal punto di vista soggettivo ed è quindi molto probabile che un avvenimento risalente possa essere attualizzato. Si può argomentare che non sia necessario, una volta accertato il legame soggettivo, indagare la sussistenza di una connessione oggettiva tra i fatti poiché la pubblicazione della notizia risalente permetterebbe ai lettori una più completa valutazione della persona i cui dati vengono diffusi e del contesto in cui il recente evento si è verificato. Se questo potrebbe essere accettabile nei casi riguardanti notizie giudiziarie, soprattutto penali, la teoria su esposta sembra limitare in modo sproporzionato il diritto all’oblio e non merita accoglimento. Il legame deve sempre coprire anche il lato oggettivo poiché il requisito della attualizzazione è costituito da un apporto rilevante per la conoscibilità della notizia recente cioè deve aggiungere informazioni utili per comprendere meglio la vicenda. Nel caso deciso dal Garante non vi sono dubbi che i due avvenimenti siano direttamente ed oggettivamente collegati perché l’inizio delle indagini è antecedente necessario all’inizio del processo; in altre parole i due fatti si pongono all’interno di un medesimo contenitore che è il procedimento giurisdizionale e dalla loro lettura unitaria si evince un quadro più completo.

Nell’ipotesi in cui i protagonisti dell’articolo risalente e di quello recente siano diversi non vi è un legame soggettivo, ma questo non sembra precludere la possibilità di attualizzare la notizia. Trovare un legame logico forte tra i due eventi è più complesso in questi casi perché è necessario una più attenta valutazione del grado di connessione sussistente affinché il diritto all’informazione possa prevalere. Diversi sono i parametri ipotizzabili per presumere una connessione forte[17], ma nessuno di essi può essere decisivo poiché il bilanciamento tra libertà di espressione e diritto all’oblio deve essere valutato caso per caso[18]. In generale si ha nesso logico forte quando la notizia più recente sia una conseguenza oggettiva di quella risalente e che quindi appartengano allo stesso corso di eventi.

Pertanto solo la connessione oggettiva è essenziale per aversi attualizzazione; il legame soggettivo vale come parametro che fa presumere la sussistenza di un nesso logico forte, ma da solo, non basta ad attualizzare un evento risalente.

La decisione 187/16 del Garante per la Privacy pone un’altra questione interessante: il grado di novità che la notizia più recente deve avere per attualizzare quella più risalente; in altri termini, la questione è se sia necessario che la nuova notizia autonomamente rivesta tutti i requisiti per essere legittimamente pubblicata o è sufficiente che li abbia congiuntamente con la notizia meno recente.

Nel caso di specie, il fatto è il rinvio a giudizio, questo, da un punto di vista processuale, è un atto importante poiché stabilisce l’inizio del processo penale. Il rinvio a giudizio implica che le indagini svolte dal pubblico ministero abbiano portato dei frutti e che il giudice dell’udienza preliminare abbia ritenuto possibile una responsabilità penale dell’indagato, oggi imputato. Alla luce di ciò, l’atto costituisce una novità rilevante ed ha un valore più significativo della stessa notizia dell’inizio delle indagini, pertanto, a prescindere dall’evento cui è connesso, il rinvio a giudizio contiene già tutti i requisiti[19] per essere pubblicato[20]. Conformemente a tale decisione del Garante, la nuova notizia contenente il dato personale deve possedere autonomamente i requisiti necessari per la lecita pubblicazione senza il consenso dell’interessato, mentre non ha rilevanza, a questo fine, l’avvenimento risalente che viene attualizzato. Questa impostazione permette solo ad una novità significativa di giustificare un’ulteriore pubblicazione che richiami anche il vecchio episodio; in caso contrario, qualsiasi minimo accadimento consentirebbe la riproposizione di fatti risalenti riguardanti l’interessato esponendolo così ad eccessivi turbamenti della privacy e rendendo impalpabile l’esercizio del diritto all’oblio poiché relegato ad ipotesi marginali.

Alla luce di quanto detto, in questo paragrafo verrà proposta una definizione di attualizzazione nel campo del diritto all’oblio. Innanzitutto si rileva come l’attualizzazione non verta sul fatto recente che deve in ogni caso possedere in sé le caratteristiche per essere pubblicato[21], ma sulla notizia risalente: l’esercizio del diritto all’oblio in casi di attualizzazione ha come scopo quello di impedire la nuova diffusione di un dato personale già contenuto in articoli risalenti e non limitare la pubblicazione di dati personali riferibili al fatto recente[22]. Chiarito il campo di applicazione, si può definire l’attualizzazione come la relazione che sussiste tra due notizie contenenti dati personali tale che la notizia più recente rinnova l’interesse generale nei confronti dell’avvenimento più risalente. Questo nesso che intercorre tra i due eventi deve essere obiettivo, come si evince dai casi esaminati sopra, e deve consistere nella migliore fruibilità dei contenuti dell’articolo poiché il riferimento ad avvenimenti risalenti deve giustificarsi con una migliore comprensione dell’intera vicenda da parte del lettore. La connessione di cui qui si tratta non va confusa con il nesso di causalità[23]; tuttavia, indagare la sussistenza di quest’ultimo non risulta inutile poiché se gli eventi sono in relazione di causa ed effetto necessariamente saranno obiettivamente connessi in ragione della relazione causale che li lega. Verificare la sussistenza di quest’ultimo è sicuramente una strada per giungere alla dimostrazione che la notizia risalente è stata attualizzata, ma la sua mancanza non esclude che l’interesse del pubblico sussista. Pertanto, il nesso di causalità potrebbe entrare tra i parametri che fanno presumere una connessione forte tra le notizie[24], ma è qualcosa di diverso dall’attualizzazione.

Le due decisioni analizzate e l’approvazione del regolamento europeo stanno portando molteplici novità nel settore del diritto all’oblio che oggi manca di chiarezza e abbonda di zone grigie. La poca chiarezza deriva dalla recente affermazione di tale diritto, mentre le zone grigie sono dovute all’assenza di una consolidata giurisprudenza; tuttavia, bisogna riconoscere che per sua natura il diritto all’oblio necessita di una valutazione caso per caso poiché la sua applicazione implica sempre un bilanciamento tra diritti fondamentali, valutazione tra le più delicate che i giudici sono chiamati a svolgere.

[1] Art. 10 CEDU e art. 11 Carta di Nizza

[2] La legge 196/03 chiama interessato il soggetto i cui dati vengono trattati

[3] Con notizia si fa riferimento alla descrizione di un fatto che contiene dei dati personali

[4] Il codice deontologico di cui alla nota n. 10 ha accolto questi tre requisiti che hanno quindi assunto valore legale

[5] F. C. Salvadori, “Il diritto all’oblio tra diritto alla riservatezza e diritto di cronaca”, Dialoghi, 12/2013, Cedam

[6] Regolamento U.E. 679/2016 e Direttiva U.E. 680/2016

[7] Il regolamento sarà applicabile dal 25 Maggio 2018

[8] Art. 137 D.lgs 196/2003

[9] Art. 139 D.lgs 196/2003

[10] Il codice deontologico è l’allegato A1 al Decreto Legislativo 196/2003 ed ha valore normativo come previsto dall’art 12 del suddetto decreto

[11] I tre requisiti descritti di seguito sono stati individuati dalla Cassazione nella sentenza 5259 del 1984.

[12] Tra cui: Corte di Cassazione, III sez. civ., 26 giugno 2013, n. 16111

[13] L’attualità dell’interesse pubblico si giustifica sulla base della lettera e) dell’articolo 11 D.Lgs 196/03: “[i dati personali sono] conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.” poiché quando cessa l’interesse del pubblico alla notizia (attualità) lo scopo di informare viene meno quindi il trattamento non è più lecito e così si giustifica l’esercizio del diritto all’oblio.

[14] Corte di cassazione, I sez. civ., n. 13161 del 2016; III sez. civ., n. 16111 del 2013 e n. 5525 del 2012; mentre in ambito europeo: Corte di Giustizia causa C-131/12.

[15] Corte di Cassazione, III sez. civ., 26 giugno 2013, n. 16111 paragrafo 4.3

[16] Registro dei provvedimenti n. 187 del 21 aprile 2016

[17] Alcuni parametri potrebbero essere: la vicinanza territoriale, la natura dell’evento, l’identità di causa, ecc.

[18] Come affermato dalla CGE nella sentenza C-131 del 2012

[19] Il riferimento è ai requisiti descritti dal codice deontologico per l’attività giornalistica integrati con quello dell’attualità dell’interesse.

[20] La considerazione è fatta in astratto, ma, ovviamente, deve essere rapportata al reato commesso e poiché non tutti i rinvii a giudizio possono giustificare una pubblicazione come per esempio quelli per contravvenzioni o reati minori.

[21] I requisiti cui si fa riferimento sono quelli individuati dalla Cassazione nella sentenza 5259 del 1984 poi confluiti nel codice deontologico per l’attività giornalistica relativo al trattamento di dati personali allegato alla D.Lgs 196/03

[22] Quest’ultimo rientra tra gli scopi del codice della privacy, ma non è un’applicazione del diritto all’oblio

[23] Ci sono diverse interpretazioni del nesso di causalità, qui si fa riferimento alla teoria del nesso di causalità adeguata

[24] Vedi nota n.16

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