Al momento l’ultima novità riguarda il Metaverso, il cosiddetto “mondo phygital” in cui la realtà comune va a fondersi con quella virtuale. Il concetto si basa su una sorta di evoluzione di Internet, tanto che lo scopo vero e proprio del metaverso è proprio quello di abbattere le barriere di Internet per fondere il mondo virtuale con la vita quotidiana. Questo nuovo mondo sta coinvolgendo sempre più settori, i quali si apprestano a compiere i primi acquisti per accaparrarsi quelli che in futuro potranno essere degli investimenti estremamente fruttuosi; tra tutti i settori coinvolti a spiccare sono quelli del marketing e della comunicazione. Nel caso dei marchi, infatti, l’utilizzo del metaverso potrebbe svelarsi una scelta doppiamente vincente in quanto le loro pubblicità e anche “in concreto” i loro prodotti andranno ad integrarsi nell’esperienza di gioco rendendosi accessibili ad un pubblico molto più ampio. Se, com’è facilmente intuibile, il metaverso diventerà un alter ego della realtà, allora possiamo presumere che persino il settore della proprietà intellettuale andrà ad evolversi in modo tale da poter riflettere le esigenze connesse con il nuovo ambiente digitale. Sta emergendo dunque la necessità di proteggere lo sfruttamento della proprietà intellettuale nel metaverso, regolando, con mezzi adeguati, i rapporti tra i titolari dei diritti, il soggetto emittente, ossia il reale proprietario o chi è autorizzato alla vendita, e il Marketplace di NFT.
Infatti, nel Metaverso i diritti di proprietà intellettuale vengono digitalizzati in Non-Fungible Token, ossia certificati di “proprietà” su opere digitali emessi da una blockchain e poi venduti o concessi in licenza in cambio di critpovalute all'interno di Marketplace virtuali. Le transazioni di NFT avvengono tramite smart contract eseguiti su una blockchain. Dunque, chi acquista un bene legato a un non-fungibile token, in realtà, non acquista il bene in sé, ma la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera.
Pertanto, alla luce di tale premessa dovranno essere rese effettive nel metaverso le norme a tutela dei consumatori, la disciplina sul commercio elettronico e le connesse responsabilità dei prestatori di servizi.
La domanda centrale per comprendere la questione è: queste nuove tipologie di beni sono tutelate dal portafoglio marchi attuale di un’azienda? La risposta deve essere interpretata in senso negativo, infatti, secondo le normative in vigore, le registrazioni dei marchi garantiscono tutela per prodotti e servizi rivendicati in determinate classi. Proprio per questa ragione, molte aziende si stanno approcciando a questa nuova realtà interfacciandosi con la necessità di estendere tale tutela a nuove categorie di prodotti, ed in particolare a quella che riguarda i prodotti virtuali nella classe 9, la classe dei software. Se da un lato le grandi aziende si apprestano a registrare i propri marchi in nuove classi di prodotto, dall’altro è inevitabile l’insorgere delle prime controversie. In merito non si può certamente contare su un’ampia normativa, essendo agli inizi di questo fenomeno che mano a mano diventerà sempre più pervasivo, tuttavia è certo che le decisioni adottate per la loro risoluzione andranno a porre le prime basi per una futura e più corposa regolamentazione. Uno dei casi più recenti riguarda il celeberrimo brand francese Hermes, il quale ha diffidato un artista che ha messo in vendita nel metaverso le caratteristiche borse “Birkins” senza richiedere l’autorizzazione della casa di moda. Le MetaBirkins NFT sono state definite un falso da parte di Hermes e il convenuto, Mason Rothschild, ha risposto appellandosi al Primo Emendamento della Costituzione americana ed invocando il diritto di creare opere digitali e la propria libertà d’espressione e reinterpretazione delle realtà. Infatti, la casa di moda francese ha registrato il marchio “Birkin” per la pelletteria ma non per quanto concerne le opere d’arte digitali, quindi questo, almeno teoricamente, potrebbe non estendersi agli NFT. Dall’altra parte, però, Hermes è legittimato a invocare la violazione dei diritti sul proprio marchio, lamentando il rischio che gli utenti possano associare erroneamente tali prodotti alla propria immagine. La controversia, pendente negli Stati Uniti d'America e che ancora non è giunta ad una sentenza definitiva, permette di comprendere quanto le nuove questioni possano spostarsi su piano parallelo rispetto a quanto avviene nella realtà; e se da un lato ciò consente di confrontare il caso in esame con casi verificati nella realtà, dall’altro si evidenzia come tali casistiche possano di fatto differire e rifarsi a diritti, libertà e rischi del tutto nuovi.
Inoltre, eventuali controversie possono riflettersi anche sul principio di territorialità dei diritti di proprietà intellettuale. In tal senso, è presumibile l’applicazione del cosiddetto principio generale di ubiquità, già utilizzato per Internet, per mezzo del quale è possibile citare in giudizio il convenuto in tutti i fori in cui il contenuto illecito è reso accessibile, con la conseguente possibilità di richiedere maggiori danni.
In sostanza al fine di garantire la protezione del marchio nel metaverso è fondamentale tutelare i propri segni distintivi ed i servizi offerti anche nella nuova realtà in modo da evitare abusi e fenomeni di contraffazione che potrebbero generare confusione negli utenti nonché ledere alla reputazione del marchio. Vi è poi la questione del deposito dei brevetti e della registrazione dei marchi per la tutela dei propri diritti nel metaverso ed a cui molte le aziende stanno puntando. Un esempio è quello di Nike che ha depositato domande di registrazione dei suoi marchi più famosi, del suo riconoscibile logo e del brevetto per un metodo “in grado di fornire beni digitali crittograficamente protetti” e dei relativi servizi di vendita ed intrattenimento. Su questo piano anche altri marchi come Balenciaga, Gucci e Saint Lauren hanno depositato domande di marchio che rivendicano software e rivolte alla vendita di abbigliamento e accessori “smart”.
Il fenomeno non riguarda più soltanto le aziende del settore moda, sempre pronte a seguire le nuove tendenze, ma negli ultimi tempi si sta estendendo anche ad altri settori eterogenei tra loro, quali ad esempio la New York Stock Exchange, McDonalds, L’Oréal, Monster Energy fino ad estendersi persino ad alcune squadre sportive; questa diffusione su larga scala, e soprattutto in settori sempre più disparati, lascia presagire che il metaverso, in un futuro prossimo, avrà un imponente impatto nella società.
L’evoluzione di questa realtà virtuale potrebbe avere un impatto sulla società al pari di quanto avvenne con l’introduzione di Internet. Per questa ragione occorre far riferimento non soltanto alle potenzialità del metaverso, ma anche ai possibili rischi mettendo a frutto tutte quelle che sono le conoscenze maturate nelle materie giuridiche a partire dall’esistenza di Internet. In altri termini, sembra opportuno cercare di prevedere e prevenire tutte le possibili conseguenze introducendo sin da adesso una normativa a riguardo, in modo che questa sia in grado di regolare almeno gli scenari prevedibili, sia a livello sostanziale che processuale. Per il momento, in attesa di una vera e propria regolamentazione a riguardo, ai giuristi che hanno a che fare con tali questioni è richiesto un grande sforzo interpretativo che non può certamente prescindere da profonde e radicate conoscenze della tecnologia.