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La normativa sul Peer to Peer dopo la conversione in legge del decreto Urbani

Scritto da Riccardo Fragalà

Il famoso decreto urbani, il d. l. 22 marzo 2004, assurdo incubo di tutti gli utenti internet e peer-to-peer è stato approvato anche dal Senato ed è ora diventato legge (L. 21 maggio 2004, n. 128), pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 119 del 22 maggio 2004).

L'iter legislativo è stato alquanto travagliato, considerata la portata innovatrice del testo attualmente in vigore, che ha destato non poche perplessità non solo per quanto riguarda le sanzioni in esso contenute, ma soprattutto per le previsioni di reato che, in sostanza, assimilavano il violatore professionista e consuetudinario del diritto d'autore al semplice utente disinformato sui metodi elle tecniche di sharing.

Il testo attualmente in vigore, che il Ministro per l'innovazione e le tecnologie Lucio Stanca ha promesso quantomeno di modificare, considera unicamente le opere cinematografiche: la diffusione, la condivisione attraverso programmi peer-to-peer e la riproduzione di ogni genere di film, opera cinematografica o assimilata, in violazione del diritto d'autore risulta essere reato, mentre il fine di lucro viene considerato solamente come un'aggravante. Secondo tali previsioni, dunque, il semplice uso personale del file autonomamente contenuto all'interno dell'hard disk del proprio computer potrebbe essere considerato reato qualora all'interno della stessa macchina di rinvenisse pure un programma di sharing, quale Winmx o KaZaA. I provider, invece, non assumono più alcun rilievo per quanto riguarda la responsabilità sul materiale transitante attraverso l'erogazione dei propri servizi: spetterà infatti alle autorità di polizia il compito di rilevare eventuali illeciti commessi attraverso il web.

A ben vedere, tali previsioni risultano essere discutibili, non soltanto per quanto riguarda la mancanza di attitudine pratica della normazione in relazione alla realtà tecnologica da tutelare, ma anche per quanto riguarda i profili di tutela della privacy messi inconfondibilmente in discussione. Il sistema di monitorizzazione da attuare per il controllo del traffico dati attraverso la linea telefonica, infatti, richiede un'invasività della privacy dell'utente collegato con internet che nulla ha di differente con le normali intercettazioni telefoniche. Come ben si sa, tali mezzi di prova risultano essere validi ai fini processuali e sanzionatori unicamente quando formalmente autorizzati dall'autorità giudiziaria. Senza tale autorizzazione, infatti, non possono essere ritenuti come mezzi probatori legittimamente acquisiti e sono ridotti alla portata di elementi indiziari.

Per quanto riguarda, invece, il profilo tecnico, non solo tali intercettazioni richiedono un enorme dispendio di risorse umane ed economiche, ma, tra l'altro, difficilmente potranno individuare con certezza l'opera diffusa. Infatti, sebbene alcuni programmi di sharing come Winmx o KaZaA richiedano server dedicati e autonomi per la gestione del traffico dati tra un client ed un altro (in sostanza, sebbene il dato non viene memorizzato neanche temporaneamente sull'hard disk del server – come accade con il software Napster - almeno passa attraverso di esso, dal momento che è il server che gestisce tale flusso di dati), altri, come DC++ o Emule permettono la trasmissione autonomamente, lasciando la gestione a quegli utenti (definiti operator) che attraverso una rete di server privati e non dedicati gestiscono il traffico dati, a cui si accede attraverso la digitazione di un indirizzo IP identificativo di un Hub, ovvero un apparecchio che in una local area network (gestita, appunto dagli operator attraverso i propri computer server) permette ai vari elaboratori di essere collegati e mantenuti connessi al server. Senza considerare che i tabulati forniti dai provider su richiesta dell'autorità giudiziaria, non indicano, ad esempio, il contenuto o il nome del file trasmesso, ma solo la quantità del traffico dati (i pacchetti commutati attraverso lo standard TCP/IP) in entrata e in uscita dal computer sonno osservazione. Per questo motivo è difficile distinguere un file legalmente scaricato, quale, ad esempio, una lezione di e-learning registrata in streaming da un file in DivX che viola i diritti d'autore di un'opera cinematografica.

Per quanto riguarda, invece, la condizione di tassazione dei supporti di memorizzazione e degli hardware di registrazione e riproduzione, gli emendamenti al testo apportati dalla relatrice Gabriella Carlucci è stata introdotta una tassazione del 3% sui masterizzatori digitali di cd e dvd i cui proventi verranno poi dati ai produttori di contenuti, lasciando inalterata la già assurda tassazione su CD-ROM e DVD vergine, arrivata a più di un quarto del prezzo di listino.

Infine, ciò che ha più colpito l'opinione pubblica, è stata l'introduzione, o meglio la mancata esclusione, della previsione di uso privato in materia di riproduzione di copie protette da copyright. In sostanza, il fine di lucro, il vero danno prodotto alle case discografiche e cinematografiche, risulta essere un'aggravante alla previsione di reato, che viene soddisfatta dalla semplice detenzione ad uso personale: insomma, come già accaduto negli Stati Uniti, una ragazzino di 12 anni rischierebbe la galera per aver scaricato un file mp3 tramite Winmx.

Le proteste dei navigatori dopo l'approvazione del decreto urbani hanno già trovato effetto: la legge vive ora un periodo di "Stanca", ovvero il Ministro per l'innovazione e la tecnologia ha scelto di rivedere e modificare la legge 128/04 prevedendo che dunque verranno puniti solo quanti diffondono copie pirata a fini di lucro (e inoltre sarà anche limitata l'applicazione del prelievo tributario effettuato dalla SIAE). In particolare, come ha spiegato Stanca, "si è convenuto sulla immediata presentazione in Parlamento di un disegno di legge per modificare gli aspetti problematici delle legge di conversione del Dl sulla pirateria informatica e sulla tutela della proprietà intellettuale". Sono tre, in sostanza, le modifiche su cui si è concordato di intervenire in seno alla maggioranza, recependo così anche le indicazioni dell'opposizione. Le penalizzazioni attualmente previste per chi duplica e diffonde, anche in rete, copie pirata di film e musica "per trarne profitto" saranno invece applicate solo a chi lo fa "a fini di lucro": in tal modo verrà precisata meglio la fattispecie del reato e, quindi, ristretta l'area di applicabilità della norma, con grande sollievo per tutti gli utenti occasionali e per chi condivide file (nonché per le fantomatiche autorità di polizia informatiche, che verranno risparmiate da inutili e penose ricerche che, senza l'adeguata certificazione rimarrebbero indiziarie e non probatorie)