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Digital Library, tra giurisprudenza e la proposta di direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale

Scritto da Giacomo Pataracchia

Il tema della digital library è diventato di particolare attualità nel nostro paese, grazie alla risonanza data dall’annuncio del ministro per i beni culturali Dario Franceschini della nascita di una Digital Library Italiana, volta a valorizzare i documenti, materiali e fotografie presenti negli archivi di stato, nelle biblioteche statali e negli archivi fotografici delle soprintendenze[1].

A livello europeo è stato oggetto della giurisprudenza della corte di giustizia dell’unione europea e di diverse disposizioni contenute nella proposta di direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale COM (2016) 593 del 14.9.2016.

La proposta di direttiva cerca di risolvere il problema legato alla eccessiva rigidità della normativa vigente, la quale pone diversi ostacoli alla creazione di una digital library. La normativa vigente, infatti, non sembrava prevedere spazi di manovra che permettano alle biblioteche di digitalizzare le proprie opere né di poterle prestare in formato digitale.

Su questi temi, tuttavia, si sono mostrati spazi di apertura, grazie a recenti sentenze della corte di giustizia che hanno statuito la liceità di queste operazioni, pur fissando diversi limiti e paletti. La proposta di direttiva, tra l’altro, interviene unicamente in favore della digitalizzazione delle opere a scopo conservativo, nulla legiferando in materia di prestito digitale.

In particolare, la proposta di direttiva prevede, all’articolo 5, una nuova eccezione “per consentire agli istituti di tutela del patrimonio culturale di realizzare copie di qualunque opera o altro materiale presente permanentemente nelle loro raccolte, in qualsiasi formato o su qualsiasi supporto, al solo fine della conservazione di detta opera o altro materiale e nella misura necessaria a tale conservazione “.

L’ istituto di tutela del patrimonio culturale (il quale secondo la definizione di cui all’art. 2 della proposta può essere: una biblioteca accessibile al pubblico, un museo, un archivio o un istituto per il patrimonio cinematografico o sonoro), godrà quindi di un’eccezione che permette di effettuare un’operazione di digitalizzazione delle proprie opere e la conservazione delle stesse in formato digitale.

Prima della proposta di direttiva, il tema della digitalizzazione da parte di biblioteche pubbliche era già stato affrontato a livello di giurisprudenza comunitaria dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale nella sentenza emessa il 11 Settembre 2014 nella causa C-117/13 Technische Universität Darmstadt / Eugen Ulmer KG aveva statuito: "L’articolo 5, paragrafo 3, lettera n), della direttiva 2001/29, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, in combinato disposto con il paragrafo 2, lettera c), del medesimo articolo 5, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro conceda alle biblioteche accessibili al pubblico, menzionate in tale disposizione, il diritto di digitalizzare le opere contenute nelle proprie collezioni non soggette a vincoli di vendita o licenza, qualora tale atto di riproduzione risulti necessario ai fini della messa a disposizione degli utenti di tali opere, su terminali dedicati, nei locali delle istituzioni stesse.”

In questo caso la Corte ha considerato il diritto di riproduzione in digitale, che consente la digitalizzazione delle opere, come ancillare e strettamente necessario all’operabilità del diritto di messa a disposizione al pubblico, espressamente previsto per le biblioteche. Questa facoltà riconosciuta all’utente dalla Corte di Giustizia, esclude tuttavia che una biblioteca possa autorizzare gli utenti ad estrarre una copia digitale dell’opera consultata utilizzando il terminale apposito[2].

La proposta di direttiva da una parte riprende e amplia questo spunto, poiché il diritto di digitalizzare le opere e conservarle in formato digitale non riguarda solamente le biblioteche accessibili al pubblico, ma tutti gli istituti di tutela del patrimonio culturale.

Tuttavia, dall’altra parte restringe l’ambito della digitalizzazione, poiché l’articolo 5 della proposta di direttiva pone un’eccezione che consente di realizzare copie unicamente del “materiale presente permanentemente” nelle raccolte. Sul significato di questo rifermento viene in aiuto il considerando 21 della proposta, secondo la quale un'opera e altro materiale sono presenti in modo permanente nella raccolta di un istituto di tutela del patrimonio culturale allorché gli esemplari dell'opera o del materiale siano di sua proprietà o stabilmente in suo possesso, ad esempio a seguito di un trasferimento di proprietà o di accordi di licenza.

Questo punto controverso è stato oggetto di considerazioni da parte dell’Associazione Italiana Biblioteche, che nel commentare il considerando in questione rileva che: “Questo considerando e la norma che ne discende è la parte più deludente di tutta la direttiva: da anni le biblioteche pongono la questione della estrema volatilità delle fonti digitali e della inadeguatezza delle licenze d’uso commerciali a garantire la conservazione e l’accesso a lungo termine: molte di queste licenze configurano i contenuti come servizi a canone, senza alcuna possibilità di conservare una copia di quanto già pagato”[3].Il dettato del considerando sembra considerare unicamente le licenze perpetue, escludendo altre tipologie di licenze che limitano la garanzia di persistenza nel tempo della disponibilità dell’opera da parte della biblioteca, restringendo fortemente l’ambito applicativo dell’eccezione.

L’eccezione di cui all’articolo 5 è stata proposta per il solo ed unico fine di conservare l’opera digitalizzata, non toccando l’ambito relativo al prestito dell’opera digitale.[4]

Al riguardo, viene in considerazione un’altra importante recente sentenza della Corte di Giustizia caso C- 174/15 Vereniging Openbare Bibliotheken / Stichting Leenrecht del 10 novembre 2016 secondo la quale:

“L’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, devono essere interpretati nel senso che nella nozione di «prestito», ai sensi di tali disposizioni, rientra il prestito della copia di un libro in formato digitale, laddove tale prestito sia realizzato caricando tale copia sul server di una biblioteca pubblica e consentendo ad un utente di riprodurre detta copia scaricandola sul proprio computer, fermo restando che durante il periodo di prestito può essere scaricata una sola copia e che, alla scadenza di tale periodo, la copia scaricata da detto utente non può più essere dal medesimo utilizzata.”

Viene estesa quindi l’eccezione di prestito pubblico di cui all’articolo 6 della direttiva 2006/115/CE anche al prestito digitale, ove esso assuma caratteristiche analoghe al prestito tradizionale, quali l’utilizzo limitato nel tempo e la fruibilità di una sola copia con la conseguenza che, alla scadenza del periodo di prestito, la medesima copia diviene automaticamente inutilizzabile e, possa essere oggetto di un nuovo prestito. Caratteristiche che si riscontrano nella particolare forma di prestito digitale presa in considerazione nella sentenza, definito “one copy, one user”. Questa tipologia di prestito prevede che la copia di un libro digitale possa essere scaricata e letta, per un determinato periodo di tempo, da un unico utente, non potendo quindi quella copia del libro digitale essere scaricata contemporaneamente da due utenti differenti.

In conclusione, la proposta di direttiva prende in considerazione le biblioteche limitatamente per la loro funzione di conservazione del patrimonio culturale o per la possibile valorizzazione delle opere fuori commercio, non facendo riferimento agli altri servizi che le biblioteche svolgono. Soccorre la giurisprudenza comunitaria che grazie alle sue aperture concede finalmente uno spazio per il prestito digitale delle biblioteche, restando tuttavia ancorato al principio “one copy, one user”. Riproponendo così di fatto il sistema tradizionale del libro a scaffale e cercando ancora una volta di adattare caratteristiche proprie del mondo analogico al mondo digitale.

[1] Franceschini, nasce la Digital Library, Ansa.it, http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/libri/2017/03/10/franceschini-nasce-digital-library_0a217027-9de5-4629-bbb4-3a46128ad6bd.html

[2] Guido Scorza, Biblioteche libere di digitalizzare le opere in catalogo, L’Espresso, http://scorza.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/06/09/biblioteche-libere-di-digitalizzare-le-opere-in-catalogo/

[3] Commenti e proposte di modifica alla proposta di direttiva europea sul mercato unico digitale, COM 2016/593 final - 2016/0280 (COD), Associazione Italiana Biblioteche, http://www.aib.it/wp-content/uploads/2017/01/2017_14_all_Statement-su-riforma-UE-copyright.pdf

[4] per approfondimenti sul tema del prestito digitale nelle biblioteche, si veda Giacomo Pataracchia, Il prestito digitale nelle biblioteche, Jei – Jus e Internet, http://www.jei.it/infogiuridica-jei/item/462-il-prestito-digitale-nelle-biblioteche